“È scoppiata la terza guerra mondiale”,
mi ritrovo a dire a me stesso verso le di una mattina di inizio aprile. Me lo
confermo più volte, scorrendo Twitter appena sveglio, accendendo la tv
immediatamente dopo. L’abitudine al clamore dei titoli di tutti i giorni è tale
che stavolta ho bisogno di ripetermi questa frase per impressionarmi da solo,
almeno un po' di più di quanto la routine del disumano non stia imponendo
quotidianamente alle nostre paure, alla nostra indignazione, alla nostra soglia
di assuefazione al peggio. Lo scrivo anche in chat, tra amici e parenti che, in
qualche caso, mi hanno già preceduto. Chi ha saputo dei 59 missili sganciati su
una base russa in Siria da Trump, sta facendo con me, andando a spaventare gli
ignari del fatto che ormai ci siamo, e che gli hashtag di tendenza su Twitter
(#WWIII) non mentono. Lo si fa per vedere da vicino l’effetto che fa trovarsi
all’improvviso alla porta d’ingresso del futuro più brutto tra i tanti
prospettati. Lo si fa soprattutto per esorcizzare, annunciandolo
ufficiosamente, un mostro conosciuto per nostra fortuna solo sui libri di
scuola o al massimo, per i più attenti, curiosi e sensibili, guardando alla tv
le guerre degli altri. Lo si fa perché comunque, tempo fa, lo ha già detto il
Papa che è in corso una guerra globale “a pezzi” e il giorno in cui Trump ha
trovato il pulsante per bombardare qualcuno, non trovarsi d’accordo con
Francesco risulta miope e complicato. Nei libri di scuola di cui sopra c’è
anche spiegato chiaramene che un’azione bellica ne genera un’altra che in
genere un’altra che ne genera un’altra fino alla distruzione di più o meno
tutto. E se i missili di Trump sono la risposta ai gas di Putin e di Assad, in
Corea del Nord fanno sapere di essere pronti a rispondere ai missili di Trump
con una bomba atomica (anche loro, probabilmente, si spera, lo ripetono per
vedere l’effetto che fa dichiararlo). Ragion per cui Trump ha mandato delle navi
da guerra verso la Corea del Nord, il tutto mentre una nave russa è entrata nel
Mediterraneo diretta verso la flotta Usa che ha fatto partire i missili. La
rapida evoluzione della gerarchia delle notizie fa si che l’attentato avvenuto
a Stoccolma o le bombe esplose nelle chiese copte nella domenica delle palme,
abbiano reso il Risiko in progress più inquietante, schizofrenico ed
imprevedibile che mai. Che poi a me il Risiko ha sempre annoiato parecchio.
Muovere le armate, gettare dadi, avere obiettivi senza senso apparente, creava
tuttavia da sempre il provocatorio ossimoro di socializzare con l’alibi della
guerra- Smettere di giocare è la sconfitta più grande.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La
Repubblica – 21 aprile 2017
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