La Francia celebra i suoi grandi miti.
Il vino e la rivoluzione. E lo fa con una nuova istituzione, la Cité du vin di
Bordeaux e con una bellissima mostra intitolata Bistrot! Come dire il luogo simbolo del fermento alcolico e del
tumulto delle idee. Diceva Balzac che il comptoir,
il bancone di zinco che ha reso celebri i locali d’oltralpe, è il parlamento
del popolo. E forse non è un caso che la parola bistrot venga da un altro
popolo che la sa lunga sulle rivoluzioni, come quello russo Bistro, infatti,
nella lingua di Tolstoj significa presto. Era
il modo di ordinare da bere dei cosacchi che nel 1814 presero Parigi e per
non farsi scoprire dagli ufficiali, che avevano proibito il consumo di vino, si
facevano servire in fretta e furia dicendo “bistrò,
bistrò!”. Vino, caffè e non solo. Perché è in questi luoghi di convivialità
episodica e di promiscuità frettolosa che nasce la modernità. Caffè, bar,
bistrot, diventano la scena interclassista dove la nuova umanità fa le prove
generali e affina le sue passioni e ossessioni, sfizi e vizi utopie e fantasie.
E dove il consumo è veloce, proprio come i discorsi che ci si scambia stando in
piedi al banco. Una nuova convivialità che detta forma e tempi delle relazioni
personali, rendendole sempre più rapide e flessibili. Ed è proprio
l’introduzione del bancone – in inglese bar
– figlio di una civiltà che ha bisogno di risparmiare tempo e denaro, a rendere
possibile un turn over continuo degli avventori. Accelera il bene esattamente
come la ferrovia il viaggiare e il telaio meccanico la tessitura. Tutto
all’insegna della mobilità, economica e sociale. Insomma la civiltà del last minute è nata tra una chiacchiera e
un bicchiere.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 31
marzo 2017 -
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