“L’attentatore si chiama Abu Izadeen”
dice un tweet di un giornalista di Channel 4 a ridosso della diretta. Siamo in
via Teulada, Rai, tre piani di ascensore tra lo studio e la sala dove facciamo
la riunione di scaletta prima di andare in onda con Gazebo. Sono quasi le ore 20, restano dieci minuti per ripassare il
racconto del pomeriggio ricostruito attraverso i social utili a capire, per
sommi ma precisi capi, cosa sia successo a Londra dalle 15,30 circa in poi.
Andare in diretta tutti i giorni prevede la capacità di saper andare in onda
sempre, cambiando registro al volo laddove necessario, passando dal
divertimento della satira al racconto della tragedia quando questa, come spesso
accade, incombe all’improvviso. Per farlo i vuole la professionalità richiesta
a chi fa informazione e il coraggio dato dalla credibilità acquisita nel tempo.
Lo faremo anche stavolta, siamo pronti. La puntata prevista fino a metà
pomeriggio è stata buttata e il lavoro di ricerca sul web è stato frenetico e
rigoroso. Abbiamo cercato di coprire tutto: il racconto dei testimoni, dei
media avidi di citizen journalism , del
Parlamento, della polizia, del
sindaco, dei mezzi di trasporto, delle reazioni all’estero. Abbiamo rapidamente
deciso di attenerci al buon senso per quel che riguarda l’esposizione delle
foto più drammatiche girate in rete, che abbiamo visto ma non mostreremo n tv
(e non è cosa ovvia, considerando che a tarda sera ne vedrò diverse a Porta a Porta, su Rai 1). In quel
momento la strage sembra avere un autore: Abu Izadeen, predicatore islamico di
nazionalità britannica, talmente noto per le sue posizioni radicali da avere
una pagina Wikipedia che ne elenca crimini, misfatti e arresti. La notizia non
è certa ma probabile, le foto di Izadeen che si trovano online sembrano
combaciare perfettamente con quella dell’attentatore steso a Westminster dalla
polizia. Da Channel 4 non trapelano dubbi. Incerti sul da farsi, non vogliamo
prendere cantonate. Intanto La Stampa e il Messaggero rilanciano il nome.
Quando si accendono le telecamere, mostriamo il cv di Abu Izadeen, usando tutti
i condizionali del caso, tutti i “parrebbe” e i “sembrerebbe” utili a non
prendere formalmente la cantonata, ma facciamo quel nome. E quando dopo
mezz’ora di puntata anche l’Independent spara
il nome in homepage, azzardiamo un “arrivano le conferme”. Che però tali non
sono, evidentemente figlie di altre conferme probabili ma non certe (altresì
dette fake news). Dopo un’ora l’Indipendent rimuoverà l’articolo. Abu
“sembrerebbe” avere l’alibi perfetto: era in carcere al momento dell’attentato.
Usare il condizionale non ha mai avuto tanto senso. Non pestare le fake news diventa sempre più difficile.
Diego Bianchi – Il Sogno Di Zoro – Il Venerdì di La
Repubblica – 31 marzo 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento