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lunedì 3 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Storia di una falsa notizia che sembrava vera...



“L’attentatore si chiama Abu Izadeen” dice un tweet di un giornalista di Channel 4 a ridosso della diretta. Siamo in via Teulada, Rai, tre piani di ascensore tra lo studio e la sala dove facciamo la riunione di scaletta prima di andare in onda con Gazebo. Sono quasi le ore 20, restano dieci minuti per ripassare il racconto del pomeriggio ricostruito attraverso i social utili a capire, per sommi ma precisi capi, cosa sia successo a Londra dalle 15,30 circa in poi. Andare in diretta tutti i giorni prevede la capacità di saper andare in onda sempre, cambiando registro al volo laddove necessario, passando dal divertimento della satira al racconto della tragedia quando questa, come spesso accade, incombe all’improvviso. Per farlo i vuole la professionalità richiesta a chi fa informazione e il coraggio dato dalla credibilità acquisita nel tempo. Lo faremo anche stavolta, siamo pronti. La puntata prevista fino a metà pomeriggio è stata buttata e il lavoro di ricerca sul web è stato frenetico e rigoroso. Abbiamo cercato di coprire tutto: il racconto dei testimoni, dei media avidi di citizen journalism , del Parlamento, della polizia, del sindaco, dei mezzi di trasporto, delle reazioni all’estero. Abbiamo rapidamente deciso di attenerci al buon senso per quel che riguarda l’esposizione delle foto più drammatiche girate in rete, che abbiamo visto ma non mostreremo n tv (e non è cosa ovvia, considerando che a tarda sera ne vedrò diverse a Porta a Porta, su Rai 1). In quel momento la strage sembra avere un autore: Abu Izadeen, predicatore islamico di nazionalità britannica, talmente noto per le sue posizioni radicali da avere una pagina Wikipedia che ne elenca crimini, misfatti e arresti. La notizia non è certa ma probabile, le foto di Izadeen che si trovano online sembrano combaciare perfettamente con quella dell’attentatore steso a Westminster dalla polizia. Da Channel 4 non trapelano dubbi. Incerti sul da farsi, non vogliamo prendere cantonate. Intanto La Stampa e il Messaggero rilanciano il nome. Quando si accendono le telecamere, mostriamo il cv di Abu Izadeen, usando tutti i condizionali del caso, tutti i “parrebbe” e i “sembrerebbe” utili a non prendere formalmente la cantonata, ma facciamo quel nome. E quando dopo mezz’ora di puntata anche l’Independent spara il nome in homepage, azzardiamo un “arrivano le conferme”. Che però tali non sono, evidentemente figlie di altre conferme probabili ma non certe (altresì dette fake news). Dopo un’ora l’Indipendent rimuoverà l’articolo. Abu “sembrerebbe” avere l’alibi perfetto: era in carcere al momento dell’attentato. Usare il condizionale non ha mai avuto tanto senso. Non pestare le fake news diventa sempre più difficile.
Diego Bianchi – Il Sogno Di Zoro – Il Venerdì di La Repubblica – 31 marzo 2017 -

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