Se fosse un sogno, per festeggiare la
Liberazione nelle grandi città italiane, aprirebbero i cortei del 25 aprile
2017 i nuovi cittadini africani con i loro salvagente, bambini di Aleppo,
yazidi di Mosul, cristiani copti e applauditissimi – gli ultimi superstiti
della Brigata Ebraica (5.000 uomini inquadrati nella Ottava Armata britannica)
che nel lontano 1944 furono i primi a sfondare la linea Gotica. Ma
difficilmente ci sarà qualcosa di tutto ciò: il clima di oggi favorisce
piuttosto piccoli rancori, enormi grettezze e indifferente confusione mentale.
E’ il finale di una storia piuttosto tumultuosa e inaspettata, che dura da 72
anni. Nel 1945 i cortei sfilavano con fazzoletti di diverso colore, uomini e
donne dotati di armi leggere, mentre l’esercito tedesco si ritirava, a Roma
c’era ancora il Re, Mussolini era quasi convinto d’avercela fatta a scappare e
i cecchini di Salò sparavano dai tetti delle città. “Festa laica”, il 25 aprile
si ufficializzò presto in una trentina d’anni di crescente retorica; ma fu
riscoperta dopo il Sessantotto come emblema di una lotta antifascista che non
era da considerarsi terminata, con “l’eroica resistenza del popolo vietnamita”
a fornire modelli di solidarietà. Nel 1975 tutto ciò si fuse, perché le piazze
italiane erano insanguinate e i vietcong (più l’esercito regolae
nordvietnamita) entrarono a Saigon. Nel 1978 fu angoscioso perché avvenne
durante il rapimento di Aldo Moro in giorni di compromesso storico morente; quello
del 1992 fu l’ultimo della Prima Repubblica, destinata a morire pochi mesi dopo
per mafia, Lega e corruzione. Il 1994 fu quello (sotto un epocale acquazzone a
Milano) in cui si celebrò l’opposizione a Berlusconi appena eletto. Il Trump
dell’epoca, che aveva riportato dopo mezzo secolo i fascisti al governo, passò
la giornata raccolto nella cappella privata di Arcore; il suo alleato Bossi
invece sfidò la piazza, ne fu colpito e decise lì di lasciare il governo.
Quindici anni dopo, in un mondo cambiato dalla jihad e da internet, a guida di
una enorme coalizione (sempre con gli ex fascisti), Berlusconi era di nuovo
presidente. Andò a celebrare il 25 aprile a Onna, distrutta dal terremoto, si
mise un fazzoletto da partigiano al collo e pronunciò un nobile discorso di
plauso alla Resistenza. Purtroppo rovinò tutto perché lasciò di corsa la
manifestazione per andare a Napoli a festeggiare il compleanno di Noemi
Letizia, episodio che segnò l’inizio della fine del suo ventennio. E siamo
arrivati ai nostri anni, con gli insulti alla Brigata Ebraica; i plausi ai
“martiri” palestinesi; il padre di Letizia Moratti, deportato a Dachau,
cacciato dal corteo cui partecipava in carrozzella; i ragazzi che cantano Bella
Ciao perché l’hanno sentito fare da Michele Santoro e l’Anpi che si è opposta a
Matteo Renzi che voleva snaturare la Costituzione. E la domanda è: cosa farà
Grillo? Sfilerà Virginia Raggi? E Salvini? Contro-manifesterà Casa Pound? Per
fortuna il 25 aprile è un ponte.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di La Repubblica – 21
aprile 2017 -
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