Poi dicono la riforma
della giustizia. Nel tempo normale in cui si svolge un processo qualsiasi la
rete ha già emesso condanna
definitiva, deciso o perlomeno augurato la morte, la tortura o il trionfo, poi
dimenticato tutto. Per sempre. O almeno fino al giovedì successivo, dipende dal
tempo e dalla voglia che anima chi vuole commentare, esaltare, ricordare,
cancellare, il procedimento è minuzioso, l’analisi ricca e contraddittoria, le
conclusioni incerte. Può essere un’attenuante che l’assassino ami i gatti. Il
kriss malese può essere un’aggravante o la prova che scagiona definitivamente
il sospettato. Il quale può scegliere il tribunale che preferisce, instagram,
pinterest, Zuckerberg, con il giudizio d’appello affidato a tre o più commenti,
o magari a youtube. La bellezza è che tutto, essendo incancellabile e
indefinito, resta sempre aperto.
Massimo Bucchi – Sottovuoto – Il Venerdì di La Repubblica – 7
aprile 2017 -
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