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domenica 30 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Il picchio democratico sul nostro voto più lungo...



Come il pachidermico radar sovietico Duga, ammasso di ferraglia costato miliardi di rubli di cui il mondo s’accorse solo perché – come il ticchettio di un picchio – penetrava sulle frequenze radio rovinando il rock&roll, così dalla Turchia arriva uno strano segnale di sottofondo alle democrazie cosiddette occidentali. Un rumore alieno, che ci coglie incredibilmente di sorpresa, capace come quel ticchettio di squarciare il caos della grande fanfara populista che promette e minaccia, minaccia e promette, contando sul voto di pancia di un popolo stremato. Al di là del risultato ufficiale che ha visto Erdogan all’apparenza vittorioso nel referendum sulla Turchia presidenzial-sultanato (con stucchevoli congratulazioni tanto di Trump, quanto di Putin), è stato invece chiaro a noi europei che quel signore con la esse minuscola di Ankara aveva perso, nella sostanza, la sua battaglia di muscoli e potere. Una sfida non turca, ma lanciata a tutti noi. Eppure, nonostante brogli, paura e schede farlocche, Erdogan rischia di andare sotto e perde nelle città quindi, in partica, nel Paese. Il fatto grave è che noi europei non ce l’aspettavamo. Perché? Siamo nell’era del “No” ed eravamo convinti che il “grido contro” funzionasse sempre quando esso è rivolto alla vecchia e fragile democrazia rappresentativa, nel nome di un potere più veloce e spiccio. C’è da capirlo: l’Occidente si sente vecchio e stanco, s’è digerito la vittoria di Trump, lo spocchio di Putin, i missili della Siria e la minaccia di una guerra nucleare mentre le navi perdevano la rotta. C’è da capirlo: l’Occidente si sente vecchio e stanco, s’è digerito la vittoria di Trump, la spocchia di Putin, i missili sulla Siria e la minaccia di una guerra nucleare mentre le navi perdevano la rotta. Roba da fumetto anni Settanta, buono per Twitter e i suoi strampalati commenti sul futuro del mondo. Eppure ci caschiamo sempre. E mentre discutiamo di vitalizi e fondi pubblici contro le grida di novelli rivoluzionari che a parole risolvono tutto con un clic, c’è il Duga democratico che viene da Ankara a ricordarci chi siamo davvero. E a dirci che non può l’Europa prendere lezioni di resistenza dalla Turchia. O sentirsi sveglia perché là, per fortuna, qualcuno è ancora sveglio e non si è rassegnato. Serve uno scatto d’orgoglio, più cuore e meno statistiche, più coraggio e meno sondaggi. Lo scatto significa dirci e dire ai cittadini la verità: cosa la politica oggi può realmente fare? Cosa, invece, non è più sotto il suo controllo? Un’operazione che vale più di slogan e promesse che hanno reso esausto anche l’ultimo dei sognatori. (..). “L’ultimo voto” è quello che comincia in Francia ma non finisce in Francia. Come una staffetta democratica passerà per la Gran Bretagna, dove Theresa May sta provando a mutare la natura del “dissenso” che l’ha portata a Downing Street dopo il suicidio politico di David Cameron sulla Brexit in “consenso”. Lavora a una mutazione genetica della componente antisistema che ha gridato “inglesi fuori!” verso una canalizzazione democratica di quel responso, ascrivendolo al progetto politico dei Tories, partito conservatore britannico simbolo stesso della tradizione europea dell’alternanza. Poi sarà la volta della Germania di Angela Merkel, che raccontiamo nei suoi aspetti meno noti. Con un lungo viaggio in treno nelle periferie tedesche, a mostrare un Paese non poi così diverso dal nostro. E piuttosto lontano dallo stereotipo che in Italia ripetiamo sempre, la storica rivalità post-bellica fra noi e loro, che spazia un po' a tentoni dai mondiali ’82 alla predominanza finanziaria di Berlino su noi poveri italiani vittime di chissà quale disegno, se non il ritardo secolare con cui (non) abbiamo affrontato i nodi strutturali del Paese. Per finire proprio qui da noi. Alla vigilia delle primarie del Pd, dall’esito scontato in quanto al vincitore, ma non troppo prevedibili per quanto riguarda l’effetto sul governo e la data delle elezioni. (..). L’ultimo sforzo di ripartenza di un’Europa che, come spiega Massimo Cacciari, è al tramonto. E comunque vada a finire non sarà quella che abbiamo conosciuto. Un’Europa che deve vincere queste semifinali, per poi prendere una semplice (ma finora impensabile) decisione. Ogni governo, in crisi di peso politico e credibilità, dovrà cedere parte della sovranità a vantaggio dell’Unione e quindi dei cittadini europei. Così potremmo arrivare in finale con il tifo dei turchi democratici che dicono no al Sultano. E ritrovare un’identità capace di sposare la nostra storia di democrazia e diritti sudaci con le esigenze dei tempi. Tempi che così moderni non sono. Ma che senza un antidoto potrebbero avere la meglio. Rendendo la nostra resistenza democratica più debole e meno autentica di quella turca. Con tutto ciò che questo significa per noi.
Tommaso Cerno – Editoriale – L’Espresso – 23 Aprile 2017 -

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