Europa, cento anni
senza un’identità
Nel 1914 con la grande
Guerra finiva un’epoca e cominciava il secolo americano: Ancora oggi i
governanti del Vecchio Continente non hanno capito qual è il loro ruolo nel
mondo. E si danno battaglia per poltrone inutili
Cento anni fa si concludeva tragicamente la belle èpoque europea e con essa un
intero Evo della storia mondiale dominato dalla volontà di potenza economica,
tecnica, scientifica, insomma: globale,
che dello spirito europeo era stato espressione. (…) Era ancora, sì, l’Europa
delle grandi potenze coloniali, l’Europa in straordinario sviluppo sia
demografico che produttivo, e tuttavia incapace di percepire la crisi che ne
minava le fondamenta. Il suo ruolo globale si esprimeva attraverso la
competizione tra potenze tutte miranti all’egemonia. L’Europa degli Stati e
staterelli, l’Europa divisa e divisa all’interno di ogni suo membro, celebrava
la propria forza mentre nasceva il secolo americano ( “l’americanizzazione del
mondo è il nostro destino” aveva detto Theodor Roosevelt nel 1898), e
attraverso immani tragedie la Russia proseguiva nella sua occidentalizzazione
per salvarsi dall’Occidente, iniziata con Pietro il Grande. (…).
Due Guerre Mondiali e un’altra, “fredda” solo per i
popoli occidentali, il vertiginoso crollo del peso dell’Europa sulla
popolazione e sulla produzione di ricchezza mondiali, ci hanno per forza
guarito da quel sonno. (..) A sentire certe dichiarazioni “di principio” dei
nostri governanti sembra ancor di vivere all’epoca in cui era lecito pensare
che la nostra “civilizzazione” stesse creando le condizioni per un “mondo
nuovo”. (..).Non siamo in grado di approntare una decente politica comune per
l’immigrazione, abbiamo fallito clamorosamente ogni presenza nel Mediterraneo,
ma diamo lezioni di “diritti umani” al mondo. Condanniamo la politica di Putin
i crina Crimea, ignorando l’intera
storia della grande Russia nei confronti dei popoli slavi. Pensiamo di poter
svolgere un ruolo nel conflitto decisivo tra Israele e palestinesi con retorici
inviti al dialogo, mentre reali potenze geo-politiche intervengono con mezzi
economici e militari di ogni tipo.(…).
Gli Ultimi Barlumi di un ruolo geo-politico europeo
sono stati l’Ost-politik di Brandt e qualche reazione all’estremismo filo-atlantico
da parte di leader italiani e francesi. Piccole glorie, frutto della “grande
guerra” tra le sole due potenze vincitrici del 45. Forti della necessità
dell’integrazione economica rappresentata dalla moneta comune, si torni a
ragionare di quelle politiche senza di cui essa è destinata a restare
un’incompiuta. (…).L’Europa oggi davvero fedele al realismo dei suoi “padri” è
quella che assimila in sé l’energia delle genti che vi vogliono abitare. Solo
la piena attuazione della sua unità economica può dare un significato alla
conclamata esigenza di un suo ruolo geo-politico (e perciò anche alle pretese
di questo o quello per assumerne l’onore attualmente sinecura di “ministro degli esteri”).
Massimo Cacciari – L’Espresso – 31 luglio 2014 –
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