La ripresa non si vede
e Renzi parla solo di riforme
(ma a dirlo si passa
per gufi)
“Tutto mi sarei
aspettato nella vita, meno che guardare Niccolai in mondovisione” è la famosa
battuta del grande Manlio Scopigno, allenatore del Cagliari dello scudetto,
alla vista del suo difensore specializzato in autoreti, con la maglia della nazionale alla Coppa Rimet del ’70.
Anch’io non mi sarei mai aspettato di essere d’accordo un giorno con Diego
Della Valle, industriale di genio, ma specialista in autoreti politiche. Eppure
ci voleva il signor Tod’s per dire che anche stavolta il re di turno è nudo,
che il nuovo corso di Renzi non sta cambiando nulla nel concreto rispetto ai
veri problemi dell’Italia, a cominciare dal primo di tutti: “Le riforme
proposte dal governo non creano un solo posto di lavoro in più”. (..). Si
tratta delle considerazioni di buon senso di un uomo che sta da tutta la vita
nel mondo della produzione reale ed è a capo di una delle poche centinaia
d’imprese italiane, forti esportatrici, alle quali è ormai aggrappata l’intera
economia del paese. La critica di Della Valle a Renzi è durissima e definitiva:
“Non ha una politica industriale”. L’ossessione della maggioranza nel
concentrare tutti gli sforzi governativi nella battaglia per cambiare la
Costituzione, con l’appoggio esterno di Berlusconi, sembra suggerire che, per
quanto riguarda l’economia, esista ancora il “pilota automatico” evocato anni
fa da Draghi. (..). Gli effetti concreti dell’azione di Renzi non si discostano
finora da quelli dei suoi predecessori Monti e Letta. Vale a dire: recessione o
stagnazione economica, calo dei consumi, disoccupazione giovanile di massa,
aumento della pressione fiscale. E nonostante questo, la crescita di un debito
pubblico che ha ormai superato il 135 per cento del Pil ed è di conseguenza
insostenibile. Basterà allora a Renzi portare a casa le riforme istituzionali,
con “Denis Verdini e la Boschi promossi padri costituzionali al posto di
Einaudi e Togliatti”, per far tornare i conti? Senza contare che appunto il
nuovo Senato “o serve a qualcosa, e allora dev’essere elettivo, o non serve a
nulla e dunque tanto vale abolirlo”. Il buon senso di queste osservazioni è
davvero soltanto il verso di un gufo?
Curzio Maltese- Venerdì di Repubblica – 8 agosto 2014 -
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