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martedì 12 agosto 2014

Lo Sapevate Che: Se al Senato si parlasse di guerra...



 Una “Corona” Di Tragedie abbraccia la vecchia Europa, sconvolgimenti tellurici dal Maghreb al Medio Oriente all’Europa Orientale. E’ vero – come potremmo efficacemente affrontarli? Mai più avremo un peso geopolitico. Celebriamo l’anniversario della Grande Guerra per ricordarcelo. E allora realismo e disincanto vogliono che la nostra attenzione si concentri sulle priorità di casa nostra, sviluppo e occupazione, e magari sulla competizione tra le leadership per qualche posto nella Commissione, e magari ancora su nuovi Senati e leggi elettorali in Italia. Tutto bene. (..) Ma come fingere di non vedere che in noi, in tutti noi, e forse soprattutto proprio qui, in questo Paese, di fronte alle tragedie che si consumano ai nostri stessi confini, qualcosa è culturalmente, forse antropologicamente, mutato?. Lo ripeto, nessun protagonista di quelle tragedie se ne accorgerebbe, se per un giorno fosse al centro del dibattito parlamentare il conflitto tra Israele e palestinesi, o se si discutesse, per un altro, del problema dello scontro tra nazionalità all’interno del fu-impero – sovietico. Ma il farlo, forse, sarebbe espressione di una nostra mente, di una nostra cultura, di un cervello e di un cuore nostri diversi. (..). Se, per un giorno, i sedicenti partiti si dividessero – invece che su quote proporzionali, elezione del Senato e immunità varie – sul destino di Gerusalemme, ciò non significherebbe nulla per la Città santa, ma direbbe  molto sulle condizioni della loro anima. Il pathos per la grande politica non abita più qui. (..). Ma temo non sarà tramonto indolore. Elite afone sulla dimensione tragica della politica, ceti dirigenti incapaci di commisurare il raggio della propria azione ai conflitti che decideranno i destini del mondo, non sono élite né culturali né politiche, ma amministratori, quando funzionano, di province e d’imperi altrui. Dai quali è patetico attendersi “grandi riforme”. Realismo riconoscere che nulla contiamo né a Damasco, né a Kiev, né a Gerusalemme. Ma altrettanto realisticamente cessiamo allora di sperare che possano mai aver luogo “grandi politiche” europee di integrazione e accoglienza. E continuiamo a raccogliere gli annegati nel canale di Sicilia.
Massimo Cacciari – L’Espresso – 7 agosto – 2014

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