E Renzi corre su un
treno fermo
Il giovane Renzi ha una grande ragione dalla sua: che i
progetti di riforma istituzionale dagli anni ’70 a oggi non appaiono che un
immenso campo di rovine. Renzi certamente è un tipo per cui la verità coincide
col fatto, ma siamo certi che il loro fallimento politico equivalga alla
dimostrazione della fallacità di tutte le prospettive che in essi erano
discusse? Non sarebbe stato il caso di partire seriamente da qui, soprattutto
se, come si afferma, il disegno di riforma dovrà comportare un drastico attacco
alla voracità della macchina statale?(..)
E Le Linee Generali, invece, di riforme costituenti
capaci di abbattere i costi della pubblica amministrazione sono ben note, dai
programmi dell’allora PSI dei primi tempi di Craxi, a spunti presenti nella
Commissione Bozzi, dai documenti del gruppo di Milano intorno a Miglio, alla
stagione referendaria del ’90. Il problema della inettitudine decisionale del
nostro sistema non si supera né abolendo senati e neppure con soluzioni
cesaristi che, ma riorganizzando radicitus i rapporti tra esecutivo,
parlamento, regioni e enti locali. Soltanto una tale riorganizzazione
garantisce effetti macro-economici. Che significa?Non solo che ogni livello
dello Stato abbia assolutamente chiara la propria “missione”, ma che ad essa
debba corrispondere attraverso entrate proprie, davvero responsabile di fronte
ai cittadini. (..). Viviamo Da Anni in un regime
presidenzialistico surrettizio, e da qualche mese in una singolare riedizione
dello Stato-partiti prima Repubblica, in cui al posto dei partiti ci stanno in
mente il disegno cui ho accennato e si trattasse di attendere il Kairòs, l’ora
buona, per realizzarlo poco male. Ma, dato il potere incondizionato di cui
dispongono sui loro “partiti”, perché non lo hanno esercitato subito in tal
senso? Perché non partire, come si diceva una volta, “dal basso”: enti locali
regioni, pubblica amministrazione (e non costruisci una amministrazione dotata
di vero senso dello Stato demonizzando “a grida” l’attuale), su su per li rami
fino ad affrontare senza pregiudizi anche il tema stra-maturo del
presidenzialismo? Ed era proprio necessario superare il bicameralismo perfetto
attraverso un tale pateracchio, in cui un Senato non diretta espressione della
sovranità popolare e che perciò, logica vuole, dovrebbe avere competenze
assolutamente limitate alle relazioni Stato- regioni-enti locali, può decidere
anche su materie di rilevanza etica? Perché non si è ridotto il numero di
deputati? Si tratta semplicemente di avere pazienza e non disturbare l’autista,
o forse i conduttori hanno idee confuse? O forse ne hanno di diversissime, e
allora, come al solito, l’impotenza a
decidere dipende non tanto dal sistema istituzionale, quanto dall’assenza di
coalizioni di governo dotate di un minimo comune sentire. Ci è dato uscire dal
fallimento dei grandi disegni costituenti
soltanto con l’attuale bricolage riformistico? Certo, peggio di prima
non sarà. Ma per quanto il Paese potrà ancora attendere interventi di sistema,economici
e istituzionali combinati? Finisce male per quei capi che corrono, sì, ma su un
treno fermo.
Massimo Cacciari – L’Espresso – 21 agosto 2014 -
Nessun commento:
Posta un commento