Da dove vengono i valori? Hanno un’origine biologia o
culturale? Domanda annosa, cui tentano di dare risposta le teorie etiche di
scienziati, filosofi, antropologi e psicologi. Da ultima prova a farlo la neuro
filosofia, disciplina recente che mira appunto ad affrontare le questioni
fondamentali della filosofia attraverso le più recenti ricerche in campo
biologico e neuro scientifico. Tra i pionieri della neuro filosofia c’è
Patricia Churchland, (..), spiega come i concetti di sé, io, anima, spirito si
riferiscano sempre e solo, in modi diversi, alla nostra mente, e torna
sull’argomento che l’ha resa nota, con molte contestazioni, tra i filosofi
morali, ossia sulla possibilità che i valori “risiedano” nel cervello.
Professoressa, questo che cosa vuol dire esattamente?“Dalle nostre
ricerche si evince che i comportamenti umani sono regolati biologicamente.
L’attaccamento e la cura dell’altro, per esempio, sono direttamente correlati
ai livelli di ossitocina, ormone che spinge verso l’autoconservazione e quindi
la prosecuzione della specie”. Si potrebbe obiettare che
l’autoconservazione, più che un valore, è una forma di egoismo. “Sinceramente
non riesco come egoistico il sacrificio, anche della vita, che una madre fa per
la propria prole. Prendersi cura degli altri per me è e resta un valore: ha
semplicemente una forte matrice biologica”. La scienza comunque non sembra
fatta per stabilire che cosa sia giusto o sbagliato, bene o male. “Certo,
le neuroscienze non possono rispondere a questioni come la pena di morte o
l’uguaglianza tra uomo e donna. Sono domande alle quali le persone devono
trovare, insieme, risposte sociali, che dipendono da norme sociali. Quello che
sappiamo è che il cervello, dei mammiferi
come degli uccelli, è organizzato per godere di una vita sociale, e
questo presuppone il prendersi cura dell’altro; le risposte sociali agli
interrogativi etici devono tenere conto di questo”. E’ possibile sostenere che un
cervello maggiormente sviluppato o uno più sano siano più “morali”? “Dal
punto di vista evolutivo, credo che la morale si sia sviluppata culturalmente,
non geneticamente. E i disturbi psichiatrici, come la schizofrenia o la
depressione cronica, non sono ancora conosciuti dal punto di vista neurobiologico:
dobbiamo capirli a fondo. Posso dire però che chi ne soffre è meno portato ad
avere una vita sociale e per questo ha comportamenti morali problematici.
Sappiamo che l’ossitocina gioca un importante ruolo nell’attaccamento alla
prole, ma non conosciamo in che misura abbia conseguenze dirette sulla capacità
di vivere socialmente. In realtà i nostri esperimenti sono molto approfonditi
sugli animali, ma non altrettanto sugli esseri umani”
Federico Capitoni – Venerdì di Repubblica – 8 agosto 2014
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