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domenica 31 agosto 2014

Lo Sapevate Che: E invece Francesco va alla guerra.....

 Al Primo Posto Mette La Preghiera. Ma non disdegna le arti della diplomazia. E adesso neppure esita a invocare gli eserciti. La geopolitica di papa Francesco opera su questi tre registri, di cui il terzo è il più sorprendente. Tutto l’opposto di quel pacifismo assoluto che sembrava caratterizzarare l’avvio di questo pontificato. In effetti, un anno fa, la giornata di preghiera e digiuno contro un intervento militare dell’Occidente in Siria fu l’atto con cui Francesco parve annunciare al mondo come lui, il papa, intendeva muoversi da lì in avanti sui teatri di guerra. A mani nude, disarmate, elevate al cielo. Mesi dopo, Francesco ricorse ancora alla preghiera per la pace tra Israele e gli arabi. Ottenne che invocassero Dio accanto a lui, in Vaticano, i due presidenti nemici Shimon Peres e Abu Mazen. (..). Ma Non E’ Così, perché Francesco, ha fin da principio affiancato alla preghiera anche la pazienza della Realpolitik. Licenziato l’inetto cardinale Bertone, ha messo alla testa della segreteria di Stato un diplomatico d’alta scuola, il cardinale Pietro Parolin, dei cui consigli fa tesoro al punto da sopportare in silenzio anche gli schiaffi, nella speranza di successi futuri. Con la Cina, il Vaticano vanta all’attivo che Pechino abbia per la prima volta consentito a un papa il sorvolo del proprio territorio, durante il suo viaggio in Corea, con relativo invio di messaggi di cortesia. Ma al passivo c’è molto di più. Le autorità di Pechino non hanno dato alcun segno di allentare la repressione del cattolicesimo in Cina, dove (..) il vescovo di Shanghai Thaddeus Ma Daquin, è dal giorno della sua nomina agli arresti domiciliari e tanti altri vescovi e preti sono in prigione o scomparsi. (..). Quando l’8 giugno cadde Mosul, le autorità vaticane reagirono con estrema cautela. Ma dopo che ai primi di agosto anche la piana di Ninive cadde nelle mani del califfato e per i cristiani e le altre minoranze religiose fu il disastro, con migliaia di uccisi per puro odio della fede, le richieste d’aiuto sono salite così forti da quelle terre che un rappresentante ufficiale della diplomazia vaticana, l’osservatore permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra Silvano Tommasi, ha rotto il silenzio e ha invocato un intervento della comunità internazionale “per disarmare l’aggressore”. L’Ultimo Precedente del genere risale al 1992, quando Giovanni Paolo II reclamò un “intervento umanitario” armato per fermare i massacri nella ex Jugoslavia. Papa Francesco non si è subito esposto personalmente su questo terreno. Ha lasciato che prima si esprimessero i vescovi iracheni, unanimi nell’invocare un intervento militare massiccio. Ha lasciato che in Vaticano fosse il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, presieduto dal cardinale Jean-Louis Tauran, a pubblicare un temendo e circostanziato atto d’accusa contro il califfato islamico, esigendo dal mondo musulmano altrettanta nettezza di giudizio. Ha inviato in Iraq come suo “alter ego” il cardinale Fernando Filoni (..). E finalmente lui stesso, Francesco, in una lettera del 13 Agosto al segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, ha chiesto alla comunità internazionale di “fare tutto ciò che le è possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose”. Di ritorno dalla Corea si è persino detto pronto ad andare anche lui in Iraq, in questa “terza guerra mondiale” che egli vede combattuta qua e là “a pezzi” e con “livelli di crudeltà da spavento”, perché “fermare l’aggressore ingiusto” è non solo lecito ma doveroso.(..).
Sandro Magister – L’Espresso – 28 agosto 2014 -

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