Mappare Le Mafie, riconoscerne il ruolo centrale
nell’economia mondiale, dar conto delle loro evoluzioni, ecco cosa fa, in
maniera scientifica l’”Atlante delle mafie. Storia, economia, società, cultura”
edito da Rubbettino. Al Salone del Libro di Torino è stato presentato il terzo
volume della collana. A parlarne c’erano i curatori Enzo Ciconte e Francesco
Forgione e con loro il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone.
Mi soffermo sul capitolo curato da Pignatone e dal procuratore aggiunto Michele
Prestipino “Le mafie su Roma, la mafia di Roma”, perché le loro prime parole le
sento particolarmente vicine. Scrivono: “E’ storicamente ben nota la
difficoltà, talora, una vera e propria ritrosia, anche culturale, a riconoscere
l’esistenza delle mafie nel nostro Paese”. Da Berlusconi che accusò chi parla e
scrive di mafia, finanche chi produce o interpreta film e serie televisive che
raccontano la mafia, di diffamare il paese, di esportare un’immagine negativa
dell’Italia, alla politica attuale che tratta il problema sempre e soltanto
secondo un’ottica emergenziale. Senza domandarsi seriamente come possa essere
emergenza ciò che ormai è diventato e riconosciuto come parte stessa del nostro
Dna, del nostro passato, del nostro presente e purtroppo anche del nostro
futuro. Pignatone e Prestipino continuano: “Certamente maggiori, e ancor più
difficili da scalfire, le resistenze ad ammettere la penetrazione e
l’espansione degli interessi mafiosi in vaste zone delle regioni del
centro-nord, ritenute, evidentemente a torto, immuni da tale pericolo”. Mi
accusarono di diffamare il Nord, di averlo “chiamato mafioso”, raccolsero firme
contro di me che avevo parlato delle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord in
televisione (..). E Ancora: “ Ipotizzare, poi che le mafie
abbiano messo radici anche a Roma, la Capitale del Paese, è sembrato ai più, e
a taluni sembra ancora oggi, una costruzione investigativa tanto ardita, da
apparire addirittura interessata fantasia”. Eppure dopo Mafia capitale nessuno
può dire che Roma sia immune dal fenomeno criminale. Nessuno può più ricondurre
alla sola Banda della Magliana l’associazionismo criminale della capitale.
(..). Giovanni Falcone diceva che la mafia, come ogni fenomeno umano, è
destinato a finire. Io aggiungo che prima della fine, la mafia, come ogni
fenomeno umano è destinato a evolversi, a mutare con il mutare dei tempi. Prima
dell’estinzione (se mai avverrà) cambierà pelle mille volte. E come ogni
fenomeno umano nasce nella terra delle periferie per prosperare e crescere
sull’asfalto delle città, laddove può entrare in contatto con la politica e
imprenditoria. Questo è da sempre la mafia romana, una mafia che riesce più di
ogni altra a oleare gli ingranaggi perché è vicina al potere, quello vero,
quello che conta, quello che decide degli investimenti, della destinazione di
fondi, quello che muove denaro e consenso. E nel silenzio della politica dove
nonostante le tante parole spesso non seguono fatti, nel silenzio che avvolge il
fenomeno criminale, l’”Atlante” occupa un vuoto, un vuoto riempito dalle
esperienze di quanti vi hanno collaborato, dalle loro voci: voci necessarie.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – 4 giugno 2015
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