Caro Michele Serra, il
segretario di Stato vaticano, cardinale Parolin ha definito le nozze gay una
“sconfitta per l’l’umanità”. Ma noi le sconfitte per l’umanità le abbiamo
viste, e le vediamo, altrove, e ne abbiamo orrore. Abbiamo visto perdere l’umanità nei
campi di sterminio, nei volti della gente morta per fame e guerra. L’abbiamo
vista tra le mura dorate di una Chiesa chiusa, poco caritatevole. Abbiamo visto
la sconfitta dell’umanità negli occhi di bambini vittime di preti pedofili, in
ogni dove. L’abbiamo vista nelle processioni dove si fa con il Cristo l’inchino
sotto i balconi dei boss. Ancora sconfitta di brutto, l’umanità, nella
discriminazione dei diversi, o quando si impediva ai comunisti di sposarsi in
chiesa. Ognuno veda, liberamente, le sconfitte dove meglio crede. A noi lasci
la giia di pensare che in Irlanda l’umanità abbia messo a segno un bellissimo
gol.
Enzo Sciamè, Nembro
(Bergamo)
Caro Serra, sui media
nostrani la notizia che in Irlanda siano state approvate le nozze grazie a un referendum popolare è stata il
viatico per un profluvio di reazioni episcopali e cardinalizie. Quasi senza
contraddittorio e soprattutto senza il rispetto di una par condicio potremmo dire
etica. Ciò che preoccupa, ma non stupisce, èche danoi al solito gruppo –
monosessuale per statuto, celibe per vocazione e di fatto sterile per dogma –
sia affidato il compito di analizzare e persino di decidere le nostre relazioni
sessuali, affettive, private. Per contrappasso, dovremmo poter chiedere a
lorsignori che, dato il forte calo demografico nel nostro Paese, si mettano una
mano sulla coscienza, dismettano l’abito talare e comincino a metter su
famiglia! Csì parliamo di famiglia, ma ad armi pari.
Paolo Izzo , Roma
La cosa che continua a
sbalordirmi, in tema di etica familiare e sessuale, è che non riesca a farsi
strada nel senso comune così come nel dibattito politico e mediatico, quella
che a me pare un’ovvietà: la Chiesa ha tutto il diritto, come comunità
confessionale, di rivolgersi ai cattolici. Ma non ha alcun diritto di
interferire con le leggi e i costumi di una comunità nazionale molto più vasta,
nonché culturalmente plurale. Un vescovo parla ai cattolici; io posso
ascoltarlo con interesse (se interessato a quello che dice) ma non mi sento
personalmente coinvolto dalle sue opinioni. A meno che capiti – come purtroppo
è accaduto e accade – che quelle opinioni, di natura confessionale, influenzino
l’attività legislativa dello Stato o la ostacolino; e dunque interferiscano
nella vita di chi cattolico non è, oppure lo è con minore dogmatismo. Se fossi
cattolico e credessi nell’indissolubilità del matrimonio, non divorzierei. Ma
non mi permetterei mai di pretendere che facesse altrettanto chi la pensa
diversamente. Esigere che uno Stato estenda a tutti i cittadini la morale di
una parte di essi non è solo ingiusto e protervo. E’ una cosa che indebolisce,
e di molto, i principi morali derivanti dalla fede. Una fede che pretende di
imporci per legge è una fede tanto invadente quanto poco sicura di se stessa.
Michele Serra – Per
Posta – Il Venerdì di Repubblica – 5 giungo 2015 -
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