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giovedì 11 giugno 2015

Lo Sapevate Che: Tutto il calcio corrotto per corrotto...



Sembrava Un Pomeriggio d’agosto, quello di lunedì 25 maggio a Roma: nessuno per strada, silenzio irreale, giù la saracinesca del tabaccaio sotto casa già alle cinque della sera: era in programma Lazio-Roma e la città s’era fermata. Alla faccia dei cinquanta arresti, dei settanta indagati e delle decine di perquisizioni della “Dirty soccer”, l’inchiesta sulle scommesse pilotate della Procura di Catanzaro, stavolta su serie D, serie B e Lega Pro. Niente da fare, non si sciopera né si diserta, tutti allo stadio o davanti alla tv. Più della combine poté il campanile. Anzi, per paradosso la truffa diventa concime per la passione di parte, visto che – inutile a dirsi – riguarda sempre la squadra avversaria…E comunque ci si consola pensando che mica l’Italia fa eccezione, che il calcio è così ovunque e a tutti i livelli, a cominciare dalla Fifa dell’eterno Joseph Blatter campione di favori e tangenti. Come dimostrano i clamorosi arresti di mercoledì a Zurigo. Per l’Fbi da vent’anni i vertici del calcio mondiale prendono mazzette per assegnare mondiali e diritti tv. E poi già due anni fa, grazie a un’indagine congiunta svolta dalle polizie di tredici paesi d’Europa, era stata scoperta una vasta rete criminale impegnata nel truccare partite di calcio: 425 tra arbitri, guardalinee, dirigenti di club e giocatori erano stati accusati di aver falsato quasi 400 partite, pure nell’inflessibile Germania. Tutto il mondo è paese? Sì, ma questo non può diventare un rassicurante alibi. Perché stavolta l’Italia conquista un altro triste primato per estensione e diffusione del fenomeno. E Renzi se n’è indignato. “Dirty soccer” dimostra che la voglia di imbrogli non è figlia solo del mostruoso volume d’affari della serie A, ricca di diritti tv e merchandising. No, basta anche un giro locale per smuovere appetiti e interessare la ‘ndrangheta, sempre molto attenta al mondo del pallone.(..). Si Sono Visti in campo Berlusconi e Della Valle, Moratti e Pirelli, Fiat e Garrone e De Laurentiis, e anche imprenditori minori ma spregiudicati come Preziosi e Ferrero, Cellino e Zamparini, chiudere gli occhi dinanzi a comportamenti dubbi e affidare la gestione delle squadre a dirigenti che non avrebbero accettato nelle loro aziende, e concedere ai giocatori capricci e benefit inimmaginabili per uno qualsiasi dei loro dipendenti. Insomma, si sono adeguati al sistema fino a proteggerlo infarcendo le strutture federali di controllo di personaggi indecenti. (..) Comunque Tutti hanno preso atto che il pallone è un altro pianeta dove vigono codici speciali, e la corruzione che vi alligna diviene spettacolo nello spettacolo. Solo che c’è un’aggravante tutta italiana: qui il malaffare si salda con l’impunità che a sua volta alimenta l’imbroglio. Giunto fino in Cassazione, il sistema Moggi è stato confermato per ciò che era, compravendita di arbitri e partite, ma il suo ideatore è stato salvato dalla prescrizione. Quasi dieci anni dopo i fatti. Come Claudio Lotito. Ma accusa, processo e condanna non hanno certo impedito al presidente della Lazio di restare uno dei padroni del calcio, come le intercettazioni confermano. Almeno, quando i tedeschi nel 2005 scoprirono che c’era del marcio nel loro calcio, i colpevoli si beccarono da 18 a 29 mesi di carcere. Per emettere sentenza di Tribunale impiegò un anno. La verità è che forse il calcio italiano è rimasto più o meno quello di Lino Banfi-Oronzo Canà. Ma se è solo campanile, passione e ultrà costa troppo e non potrà mai essere alla pari del calcio-business del nord Europa; se invece vuole diventare industria, come costi incassi e partecipazione consentirebbero, allora deve liberarsi dei finti manager, delle truffe da strapaese e degli impresentabili, e muoversi con le regole e i vincoli di una grande azienda che opera in regime di concorrenza. Campa cavallo.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 4 giugno 2015

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