Riguardo all’infermiere Giulio Murolo, autore della strage a
Napoli, la neuropsichiatra Annamaria Nazzaro della Asl Roma F. ha parlato di
una “personalità psicotica scissa, con delirio di onnipotenza espresso nella
possibilità di determinare la vita degli altri…La personalità scissa nel suo
caso si esprime in un “io buono”, come un medico che in sala operatoria assiste
i pazienti e li cura e un “io cattivo”, con una passione maniacale per le
armi…La passione per la caccia non c’entra, qui non si tratta di un cacciatore,
ma di un cecchino, che abbatte i passanti con un tiro al bersaglio…Con la
passione ossessiva per le armi che gli hanno trovato in casa andava
perfezionando la sua mania di distruzione, poi esplosa”. Ho avuto l’impressione
che con queste oarole la dottoressa abbia voluto tranquillizzare i cacciatori.
A ogni modo, per fortuna, i miei due “io”, quello buono e quello cattivo, non
sono scissi. Quello buono è prepotente e tiene sottomesso quello cattivo con
inaudita cattiveria. Il cattivo vorrebbe riempire la casa di coltelli, fucili,
pistole e mitragliatrici, ma quello buono non gli permette di acquistare
neppure un temperino, anche perché le armi gli fanno paura, sa che sono
strumenti di morte e che se anche gliele regalassero, le belle armi lucenti, il
mio “io” buono, non le vorrebbe. Ovviamente la mia è una provocazione, però…
Attilio Doni – attiliodoni@tiscali.it
Condivido la diagnosi della neuropsichiatra, che mi pare
corretta. Troppo spesso siamo sicuri della nostra identità, e questa sicurezza
è tanto più solida quanto più rimossa è l’altra parte di noi stessi, Il motivo
della doppia personalità è presente nel mito, nella letteratura, nei film,
nella psicoanalisi, nell’immaginazione infantile (si pensi “al compagno
immaginario” che i bambini inventano per dialogarci nei momenti di solitudine),
in un gioco vertiginoso di ombre e specchi. Come scrive Wendy Doniger in La
differenza sdoppiata (Adelphi):Le mitologie indù e greca abbondano di
sdoppiamenti incentrati sull’identità di persone che in vario modo hanno subito
una scissione. Queste storie affrontano problemi che interessano molte culture,
compresa la nostra: quale risposta dare?”. Questa domanda è ripresa da Massimo
Fusillo in l’altro e lo stesso. Teoria e
storia del doppio (Mucchi Editore). secondo il quale: “Si parla di doppio
quando l’identità di un personaggio si duplica: uno diventa due. A questo punto
sorge l’interrogativo: come si fa a essere ciò che si è?”.(..) . Sempre in
ambito psicoanalitico, lo studio più approfondito su questo tema è stato
condotto da Otto Rank (Il doppio, Edizioni SE), per il quale il doppio è
l’immagine rimossa di se stessi che, quando appare al soggetto, da un lato
genera angoscia fino a incrinare la sicurezza della propria soggettività,
dall’altro consente al soggetto di realizzare surrettiziamente i propri
desideri più nascosti e rimossi, come il soggetto non oserebbe mai e come la
sua coscienza non gli permetterebbe mai di agire. Ma quando la coscienza cala
le sue difese, l’altra parte di noi stessi, con cui non facciamo mai i conti e
mai ci rapportiamo, irrompe producendosi in gesti che noi tutti conosciamo nei
nostri momenti d’ira, devastanti, quando non sono più controllati. Quanto a
coloro che detengono armi o si esercitano nei poligoni di tiro, ovviamente non
è escluso che sia sottesa a questa passione, neppure troppo nascosta, la
possibilità di uccidere. La stessa che anima i cacciatori che, per il piacer
loro, privano noi tutti della gioia di vedere gli uccelli colare nel cielo e
non consentono agli animali di abitare quei pochi boschi e foreste risparmiate
dalla cementificazione. L’io cattivo, come lei lo chiama, già governa
indisturbato l’io buono in molti di noi, e di volta in volta se ne vedono gli
effetti devastanti, perché chi si rifornisce di armi o non rispetta la natura
che ci circonda ha già di suo una natura governata dalla tentazione omicida.
Che prima o poi può esplodere.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 30 maggio 2015
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