L’incrociatore si
avvicina alla piccola barca stipata. Dal megafono una voce parla la loro
lingua: “Questa nave appartiene alla Marina militare italiana…Stiamo qui per
aiutarvi, potete imbarcarvi e venire in Italia come rifugiati politici. Se non
volete farlo, diteci comunque di che cosa avete bisogno”. Non è una scena che oggi si svolge nel
canale di Sicilia. Ma avvenne spesso nel Mare Cinese Meridionale, tra il luglio
e l’agosto del 1979, quando la Marina italiana firmò la più bella impresa della
sua storia: il salvataggio e l’accoglienza di quasi mille “boat people”
vietnamiti in balia degli squali, dei predoni del mare, della morte per fame e
sete. Gli Annali ricordano, alla fine di aprile del 1975, 40 anni fa, l’evento
epocale della seconda metà del secolo. Gli Stati Uniti lasciavano Saigon,
aggrappati ai pattini degli elicotteri, mentre entravano nella capitale
vietnamita i carri armati di Hanoi, con il nostro Tiziano Terzani unico
giornalista presente. Aveva vinto il piccolo Vietnam contro l’esercito di
Golia, il comunismo contro l’imperialismo americano. L’ammirazione per quel
piccolo popolo divenne sconfinata, e quale fu lo scoramento quando, quattro
anni dopo, il mondo scoprì i “boat people”, la “gente delle barche”, un milione
di persone in fuga dal comunismo nordvietnamita fatto di fucilazioni di massa,
vendette, dittatura, campi di rieducazione. Scappavano per non essere uccisi,
con zattere, piroghe, barconi. Erano dei reietti, su cui pesava l’accusa di
essere stati una massa di collaborazionisti del marcio regime di Thieu.
L’Europa non era nei loro sogni, ma l’Europa ebbe, all’epoca la sua ora
migliore. Parigi fu il teatro di uno straordinario dibattito intellettuale, alla
fine del quale Jean Paul Sartre, il campione della sinistra, e Raymond Aron, il
suo storico avversario liberale, insieme chiesero un intervento a favori dei
profughi, in nome dei diritti dell’uomo, dell’umanità e della morale,
sostenendo la necessità dell’azione, della “ingerenza”, oltre le etichette
politiche. L’Italia fu meno filosofica; però avevamp all’epoca un settimanale
satirico, Il Male . il fratellino di Charlie Hebdo – che fece una copertina con
una donna e un bambino in mezzo ai flutti. Il fumetto diceva: “Mamma, cos’è il
comunismo?” “Sta’ zitto, e nuota”. Passavamo tempi difficili, i famosi “anni di
piombo”, ma il nostro governo (Andreotti, naturalmente), da solo, senza accordi
con nessuno, fece partire gli incrociatori Andrea Doria e Vittorio Veneto,
appoggiati dalla nave Stromboli per salvare i “boat people“ e dar loro rifugio
in Italia. Tutta l’operazione fu un successo, 821 vietnamiti si fermarono in
Italia, dove trovarono assistenza, lavoro, fecero figli che cominciarono a
parlare i nostri dialetti. Oggi tutto questo non succede più: a due passi da
noi, i nuovi “boat people” annegano e i governi europei discutono piuttosto sul
migliore di bombardarli, senza perdere voti. E’ un vero peccato che siamo così
peggiorati. Per noi, intendo, più che per i nuovi profughi.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 5 giugno
2015 -
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