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sabato 27 giugno 2015

Lo Sapevate Che: Cosa spinge un medico a curare i guai del mondo....

Cosa spinge un medico come Gino Strada o tanti altri come i Medici senza frontiere a “cercare” il dolore, la guerra, le malattie anche più insidiose? Al di là del dovere etico o religioso,qual è il richiamo che fa dire a queste persone “io sto bene” in mezzo a situazioni  infernali? Le chiedo questo perché di fronte al dolore io provo sentimenti ambivalenti, quasi di autodifesa a volte, quando sto proprio male davanti a situazioni per me quasi insopportabili, e ciò mi induce a scappare, a volgere lo sguardo da un’altra parte. Perché allora l’uomo cerca il dolore? Provo un senso di fastidio quando vedo chi, fatta la doverosa beneficienza, si sente a posto e non si lascia intaccare cuore e mente da pensieri inopportuni. Ho cercato rimedi a questo senso di disagio, ma i riti religiosi o le azioni di volontariato non hanno risposto a questa domanda, che rimane per me in un luogo profondo e “scomodo” della mia persona, che sente il dolore e quindi lo vuole togliere, e quello invece rimane perché c’è e continua a restare. Perdoni la confusione, conto sulla sua comprensione e so che non mi farà sconti emi dirà con onestà quel che ne pensa, e per questo ci tengo.  Lettera firmata
Non è che Gino Strada e i medici senza frontiere “cerchino”, come lei dice, il dolore, la guerra, le malattie. Semplicemente vogliono aiutare chi, in queste situazioni, non ha alcun mezzo per salvarsi dal dolore,dalle malattie, dalla guerra. Perché lo fanno? Perché sono sollecitati dall’umanità sofferente che non consentirebbe loro di sentirsi in pace con se stessi se si esonerassero dal soccorrerla. Perché una vita da medico, come si è medici da noi, remunerati e riveriti, non li soddisfa, perché non tutti gli uomini sono racchiusi nel loro individualismo e passano la vita a lucidare il loro talento per farlo brillare ogni giorno di più davanti agli altri, onde ottenere gratificanti riconoscimenti. Perché contaminarsi con la sofferenza che nessuno cura, con la malattia che nessuno soccorre, con la ferocia delle guerre da cui l’umanità non si è ancora emancipata,dà loro la sensazione di essere là dove la loro vocazione medica un giorno li ha chiamati per essere servitori della salute pubblica. E loro, nonostante le lusinghe e gli allettamenti, non hanno tradito il loro mandato, ma l’hanno esteso a tutta quell’umanità che nessuno soccorre. (..). Efficacia e realismo sono le forme in cui lo spirito trova la sua incarnazione, non per salvare l’anima e neppure per essere in pace con se stessi, ma perché l’uomo è davvero uomo solo se si sente responsabile, per quel che può, delle sorti dell’umanità. E questo anche se la responsabilità che si fa carico dell’umanità può dare ordini diversi rispetto a quelli che provengono dalla coscienza individuale del medico, che a questo punto, se fa obiezione di coscienza, privilegia le sue personali credenze a scapito dell’interesse dell’umanità. E’ il caso, per esempio,della crescita demografica eccessiva che esige pratiche contrarie all’arte medica,come il controllo delle nascite, la contraccezione, l’interruzione di gravidanza, la sterilizzazione, e però in qualche modo necessarie per rendere la vita umana compatibile con le risorse della terra. Diventerà infatti sempre più problematico poter soddisfarla fame e la sete, per non parlare dell’esposizione alle malattie infettive cui sono soggette le popolazioni povere, malnutrite, costrette a vivere in condizioni igieniche precarie. La scelta non è facile, ma non è impossibile per quei medici la cui coscienza si è fatta carico non tanto delle sorti personali, quanto delle sorti dell’umanità.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 20 giugno 2015

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