Torino. E’ la storia di una fuga. Da una prigione senza
sbarre, costruita dalla mente: un nodo scorsoio che improvvisamente ti serra la
gola. Di balbuzie si parla poco, eppure in Italia più di un milione le persone
ha difficoltà di linguaggio. Renato Sirigu, 63 anni, genovese fiero delle sue
origini sarde, giornalista e sociologo della comunicazione, ne ha sofferto sin
dall’infanzia. Dopo anni di imbarazzanti e improvvisi blocchi su una parola e
rocamboleschi artifizi per aggirare lo scoglio, Sirigu è riuscito a evadere
dalla prigione edificata dalla sua mente. Grazie alla psicodizione. Ha
raccontato la sua evasione in Balbuzie?
No grazie: una storia vera a lieto fine (Europa edizioni (..)). “E’ un
diario degli ultimi tre anni” spiega Sirigu che dopo aver diretto l’ufficio
stampa della Provincia di Genova è in pensione, “descrivo il mio percorso
riabilitativo con la psicodizione: un metodo per rieducare all’uso del
linguaggio e alla comunicazione. Nella sua marcia Sirigu scopre che la balbuzie
non esiste. “L’apparato orale nel balbuziente è quasi sempre perfetto. E’ una
fobia, come quella per il buio. Gli altri ne ridono ma il balbuziente alla fine
si convince di essere affetto da una malattia o da un difetto. La balbuzie non
esiste, ma esistono i balbuzienti”. Per i quali gesti semplici come rispondere
al telefono (“Riuscirò a pronunciare la p di Pronto?) o ordinare al bar (“Come
faccio con la c di cappuccino?”) diventano imprese. Sirigu scopre che anche suo
padre ha balbettato ma poi è riuscito a diventare quella che Cesare Viazzi ì,
responsabile della sede Rai di Genova, definiva “la più bella voce d’Italia”.
“E balbettava anche Napoleone” ricorda, “e Paolo Bonolis ha risolto il suo
problema facendo vivere ogni fonema come se fosse una nota. Bonolis usa la
bocca come fosse un’orchestra”. Ammette di aver usato la balbuzie alla visita
di leva: non si arruola uno che si pianta su una parola e resta lì, a bocca
aperta come se stesse affogando. A scuola può contare sulla compassione degli
insegnanti: quel ragazzino scrivendo usa parole come gnoseologia o
metempiscosi, ma se interrogato si blocca sui termini composti come
correligionario o transfrontaliero. Tre anni fa, la svolta della psicodizione.
“Scopro su internet che a Torino fanno questi corsi e vado” ricorda.
Dall’iniziale scetticismo passa all’entusiasmo. Ai corsi conosce altri come lui
prigionieri della balbuzie. Inizia il percorso verso la liberazione, ripetendo
gli esercizi (mentali e fisici) sino alla nausea. “La forza del metodo sta
nella vita di gruppo che si instaura fra i diversi componenti di questo
microcosmo. Alla fine il risultato non è solo la scomparsa della balbuzie, ma
la conquista di un’ottima capacità comunicativa”.
Meo Ponte – Il Venerdì di Repubblica – 5 giugno 2015 -
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