Da sette anni siamo immersi in una
crisi che per non angosciarci troppo riteniamo solo economica. Zygmunt Bauman
ed Ezio Mauro, pur riconoscendola, non si fermano qui, perché nella crisi
economica vedono un sintomo della vera malattia, che è il collasso della
democrazie come abbiamo tentato di costruirla o ricostruirla dopo la Seconda
guerra mondiale. Questa diagnosi convincente e insieme allarmante viene da loro
discussa in Babel, un libro di cui
almeno alcune pagine dovrebbero essere lette nelle scuole, affinché i giovani,
a cui spetta di diritto il futuro abbiano chiara la mappa dell’avvenire che li
attende senza perdersi per vie errabonde. La crisi economica ci è stata
spiegata in tutti i suoi aspetti, che sono culminanti nell’assunzione del
denaro come unico generatore simbolico di tutti i valori. E siccome il denaro
si accumula più velocemente con le operazioni finanziarie che con la produzione
agricola e industriale, il lavoro, che era anche il luogo dove era possibile
riconoscere la propria identità e la propria appartenenza sociale, è stato
esportato in paesi dove i diritti umani sono meno riconosciuti, e da noi
sostituito da innovazioni tecnologiche che inesorabilmente riconducono
l’intervento umano. Con il primato sempre più incontrastato dell’economia,
destra e sinistra, che un tempo indicavano due diverse visioni del mondo –
l’una più attenta alla libertà d’impresa, l’altra più attenta alla solidarietà
sociale – hanno perso significato, determinando quell’apatia politica ben evidenziata
dalla crescita dell’astensione a ogni tornata elettorale, da parte di
cittadini, che più non credono nella possibilità di modificare le cose. Questa
sfiducia corrode la partecipazione democratica, favorendo quello che Ezio Mauro
chiama “neopopulismo”, dove il cittadino è ridotto a spettatore di una
“politica ridotta a evento”. In un simile contesto i giovani, per non
assaporare quotidianamente la loro insignificanza sociale, vivono l’assoluto
presente, perché l’avvenire, che a loro appare se non minaccioso certo
imprevedibile, non si offre più come una promessa capace di motivare l’impegno.
Bauman chiama “interregno” questa crisi democratica e quindi lascia intendere
che si approderà a un nuovo governo del mondo, ma se è vero che “nel 2050 metà
della popolazione del nostro regno sarà ricostruibile non con gli strumenti che
l’Europa finora continua a utilizzare mediando tra gli interessi degli Stati
nazione. Perché se a partire dagli Stati nazione l’Europa ha finora scritto la
storia dell’Occidente, e l’Occidente ha scritto o tentato di scrivere la storia
del mondo, come scrive Ezio Mauro, oggi che “lo straniero un tempo distante è
diventato vicino, l’universalità perduta o immaginaria dei nostri valori deve
lasciare il posto a una faticosa compatibilità”. Ne saremo capaci? Non abbiamo
altra via, perché se la storia accelera i processi avviati nel segno della
de-territorializzazione, non saranno certo i nostri confini e le nostre leggi a
mettere in salvo democrazia e futuro, ma solo la capacità di rendere
compatibile la nostra storia con la storia che altre genti stanno scrivendo
accanto alla nostra. -Zygmunt Bauman -
Ezio Mauro –
Umberto Galimberti - Now Libri – Donna di Repubblica – 6
giugno 2015 -
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