Sono più di 15 anni che gli imprenditori industriali italiani
hanno tirato i remi in barca, e il loro presidente di turno non ha mai saputo
indicare a quali condizioni prioritarie le imprese avrebbero ripreso a
investire, ha sempre strillato migliaia di cose da fare tutte insieme.
L’impasse cominciò nel 1998, cinque anni dopo la fine delle partecipazioni
statali e degli istituti di credito industriale, in concomitanza con la caduta
del primo governo Prodi e il subentro di Massimo D’Alema, sotto il peso dei
sacrifici per entrare nell’euro, ma quattro anni prima che la nuova moneta
circolasse. L’incapacità di indicare obiettivi prioritari. e al tempo stesso
impegnativi, non solo è tipica di Confindustria, è proprio connaturata con gli
“animal spirits” degli imprenditori, i quali non pensano, si limitano a
crescere se ci sono le condizioni dell’ecosistema, e a fuggire se queste
vengono meno. Un mese fa a Roma erano arrivate le rondini, ma quattro giorni
dopo è tornato temporaneamente il freddo e le rondini sono andate via.
Nonostante il “quantitative easing” di Mario Draghi e l’ottimismo di Matteo
Renzi, le industrie non stanno accelerando gli investimenti, perché attuano
budget elaborati a fine 2014, più avari di quelli del 2013, almeno secondo la
Banca d’Italia. Tutt’al più gli investimenti potrebbero ripartire a gennaio
2016, sulla base del prossimo budget che sarà impostato in autunno e sarà
ispirato a strategie concepite in queste settimane. Dunque, Renzi non deve
perdere tempo, seve sussurrare alle rondini. Un’idea potrebbe essere che il
Governo eccezionalmente consenta a tutte le imprese industriali medie che
facciano nuovi investimenti nel biennio 2016-2017 di ammortizzarli con
coefficienti illimitatamente superiori ai massimi fiscali, fino magari a
spesarli direttamente nel conto economico dello stesso esercizio. Così, per un
paio d’anni, le imprese investirebbero, detrarrebbero le spese d’investimento,
azzererebbero i loro già scarsi utili imponibili, non distribuirebbero dividendi,
pagherebbero poche o nulle tasse sul reddito. Il Fisco ci rimetterebbe un po’
ma poi, per tutta la vita dei nuovi impianti produttivi, nati già ammortizzati,
gli utili e le maggiori entrate tributarie più che compenserebbero gli
azionisti e lo Stato. L’occupazione decollerebbe. In chimica-fisica se c’è un
forte saldo di energia Libera. Ecco, serve questo. La prossima legislatura
partirebbe con il turbo.
@riccardo_gallo – Poteri deboli – L’Espresso 28
maggio 2015
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