Poco Più della
Lombardia, aggrappata alle rive del Gambia, la nazione africana che oggi porta
il nome del fiume, per secoli uno dei centri di commercio di schiavi, era stata
per anni il sogno di Fanta Darboe Jawara. Emigrata nel sobborgo washingtoniano
di Frederick con gli occhi di donna libera. Aveva ripreso contatto con i
parenti nel Gambia e nell’aprile del 2016 era partita. Con il suo lavoro di
infermiera ospedaliera diplomata aveva risparmiato abbastanza soldi per il
viaggio. Aveva affidato le due figlie già grandi, una di 18 e una di 13 anni,
alle attenzioni del marito, meccanico in una concessionaria di auto ed era
partita per una visita di tre settimane. Rientrando da una gita sul grande
fiume, si era incamminata a piedi, da sola, verso l’albergo della capitale
Banjul dove soggiornava. Era già sera e nel buio, sbucando sul viale
principale, fu investita e travolta da una folla urlante che marciava verso il
palazzo del presidente, Yahya Jammeh, un despota al potere dal 1995. Fu buttata
a terra, investita da una carica della polizia, perse i sensi e si svegliò
dietro le sbarre di una della più atroci prigioni del mondo. Senza passare per
tribunali, Fanta era stata chiusa nel carcere “Delle Due Miglia” un deposito di
oppositori veri o presunti del regime di Jammeh, di un autocrate demente che
sostiene di avere trovato la cura per ‘Aids con tisane di erbe e banane.
Condannata a tre anni come “sovversiva”. E Fanta Darboe Jawara scomparve
nell’orrore medievale di quelle segrete. Uno zio riuscì a far arrivare
all’ambasciata americana, anch’essa trasformata in fortezza perché il Gambia è
per il 90% musulmano e come tale automaticamente sospetto, un biglietto.
L’ambasciata comunicò la notizia al Dipartimento di Stato, ma i passi del
governo americano presso il dittatore non ottennero risultati. Soltanto il
marito, le figlie, i colleghi, le amiche della “desaparecida” non si arresero.
Riuscirono ad arruolare l’aiuto di Bill Richardson, un ex governatore
Democratico del New Mexico, che conosceva bene il Presidente Barack Obama. E le
pressioni ottennero un risultato: funzionari del consolato Usa riuscirono a
incontrarla in carcere, a portarle fotografie delle figlie e una scatola di
latta con le ciambelle e i biscotti che le sue ragazze avevano preparato per
lei. Ma niente sarebbe cambiato se nel gennaio scorso, contro ogni previsione e
contro la macchina del regime, un uomo d’affari che aveva fatto fortuna in
Inghilterra, Adama Barrow, non avesse vinto le prime elezioni semi democratiche
mai svolte nella nazione. Il primo decreto di Barrow fu la liberazione di tutti
i prigionieri politici. Fanta fu scarcerata e poté imbarcarsi alla volta di
Washington, una donna libera, Ma spettate, l’America nella quale Fanta si
preparava a rientrare era diversa dall’America che aveva lasciato un anno
prima. All’aeroporto, gli agenti di frontiera la portarono nella stanzetta
degli interrogatori e la tempestarono di domande. Che aveva fatto un anno
intero in una nazione musulmana? “Ero in carcere”, rispose lei. Ah ah! E per
che cosa? Per accuse di eversione…la curiosità degli agenti si fece più acuta.
Le chiesero se era musulmana. Sì, rispose lei- Ahi. Furono necessarie ore
perché potesse raggiungere le figlie che l’aspettavano agli arrivi internazionali
con ciambelle e pasticcini. Ma nella follia che sembra avere travolto il mondo
e colpito con particolare violenza questa nuova America, una signora di 46
anni, con regolare passaporto, aveva vissuto sul crepaccio fra una nazione alla
quale non apparteneva più e una nazione che diffidava di lei. Cittadina del
nulla e viaggiatrice della paura.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica 16 marzo
2017
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