L’alfa e l’omega della teoria politica è il
problema del potere: come lo si acquista, come lo si conserva e come lo si
perde, come lo si esercita, come lo si difende e come ci si difende da
esso. Ma lo stesso problema può essere
considerato da due punti di vista diversi, o addirittura opposti: ex parte
principis o ex parte populi. Macchiavelli o Rousseau, per indicare due
simboli. La teoria della ragion di stato o la teoria dello stato-potenza da
Ranke, a Meinecke, al primo Max Weber, o la teoria della sovranità popolare. La
teoria dell’inevitabile dominio di una ristretta classe politica, maggioranza
organizzata, o la teoria della dittatura del proletariato da Marx a Lenin. Il
primo punto di vista è quello di chi si atteggia a consigliere del principe,
presume o finge di essere il portatore degli interessi nazionali, parla in nome
dello stato presente; il secondo punto di vista è quello di chi si erge a
difensore del popolo, o della massa, sia essa concepita come una nazione
oppressa o una classe sfruttata, parla a nome dell’anti-stato o dello stato che
sarà. Tutta la storia del pensiero politico si può distinguere secondo ché si
sia messo l’accento, dai primi, sul dovere dell’obbedienza, dai secondi,
sul diritto alla resistenza (o alla rivoluzione).
Norberto Bobbio – da L’età dei diritti – 16 marzo
2017 -
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