Ci Sono Messaggi che vanno lanciati nel mare, come
messaggi nelle bottiglie. Li scrivi, li arrotoli e aspetti, soprattutto speri.
Speri che qualcuno li trovi, li raccolga. Non solo, speri che qualcuno si
appassioni, senta la necessità di fare sia una tua battaglia, capendo che c’è
qualcosa da guadagnare e tanto ancora da perdere. Ci sono volte in cui è
necessario litigare con il potere, in cui è necessario stanarlo sapendo che il
potere ha dalla sua tutto, che ha dalla sua molto. Intanto ha il consenso,
quello di chi l’ha legittimato, votandolo e di chi lo voterà. Sapendo che
litigare con il potere è strutturalmente fatto per avere consenso. Non esiste
politica senza compromesso, possiamo accettarlo se si dà al compromesso
un’eccezione che non sta necessariamente quella di mortificazione di idee e
prassi virtuose. Ma ormai dobbiamo fare i conti con una tristissima realtà: non
esiste compromesso che non serve ad ampliare la base elettorale. I voti, il
numero di voti, ora e subito, qui e adesso. Solo questo conta. E più conta
questo, più il voto diventa effimero, ce lo hai adesso per perderlo domani. Ci
sono polemiche che è necessario fare perché la politica si assuma
responsabilità, perché ammetta di aver fallito, sbagliato, ignorato. Ed è
necessario farle perché, anche se sembrano riferite ai massimi sistemi, in
realtà racchiudono precise indicazioni sul futuro. Matteo Renzi, nell’aprile del 2015, quando la
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannò l’Italia per non avere ancora
introdotto il reato di tortura, quando da Strasburgo definirono ciò che nel
2001 era accaduto alla Diaz e a Bolzaneto tortura, promise che il suo governo
avrebbe introdotto il reato di tortura, si prese un impegno importante, che
avrebbe reso giustizia chi di tortura era morto, ma anche alle forze
dell’ordine che in Italia vedono macchiata e compromessa la loro rispettabilità
e la passione per un lavoro duro e logorante, fatto spesso senza adeguata
retribuzione, in condizioni difficili, senza mezzi, senza benzina, senza divise
invernali. Introdurre il reato di tortura in Italia non è una concessione, ma
una necessità ed è criminale non averlo ancora fatto perché sono soprattutto le
forze dell’ordine ad aborrire i giustizieri solitari, quelli che ignorano leggi
e tribunali, che processano, giudicano e nel caso condannano. Che ignorano
l’esistenza di un sistema carcerario (anch’esso in condizioni assai critiche)
che però non avrebbe la funzione di punire ma di recuperare e reinserire chi ha
sbagliato nella società. Badate che non sto descrivendo un mondo, non sto
sognando a occhi aperti, ma sto dicendo che tutto ciò che si discosta da quanto
ho appena descritto è illegale. L’iter della legge che punisce il reato di
tortura e il fallimento del governo Renzi, hanno molto a che fare con il
dibattito di questi giorni. Hanno molto a che fare con un partito che si crede storicamente
progressista, ma che è ostaggio di forze politiche (urlanti, ma assai deboli,
rappresentative di poco o nulla) oscurantiste, retrograde e irresponsabili. La storia di questo reato negato, di un reato che fa vittime, ma che non esiste, è la storia
delle alleanze improponibili. E quindi, se è vero che la politica è
compromesso, che è trovare la quadra, è anche vero che non può sempre essere
compromesso al ribasso e ai danni di chi chiede diritti e chi non ne ha
maggiori competenze e forse anche volontà di ascoltare. Patrizio Gonnella,
presidente dell’Associazione Antigone, Antonio Marchesi, presidente di Amnesty
International Italia, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto e Antonio
Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva hanno scritto una lettera
importantissima al Ministero della Giustizia Andrea Orlando. Gli hanno chiesto
di adottare la legge sul reato di tortura, nell’interesse di tutti. Gli hanno
raccontato come è stata trattata in Senato, gli hanno suggerito come evitare
che la legge, nuovamente modificata, ritorni alla Camera per nuova discussione.
Ne va del rapporto degli italiani con la politica, ne va del senso di giustizia
che ormai da cittadini non riusciamo più a scorgere. Bisogna mettere fine a
questa stagione politica marchiata a fuoco dai ricatti degli Alfano, dei
Gasparri, dei Salvini. E l’introduzione del reato di tortura nel Codice penale
italiano ci sembra un buon modo di iniziare.
Roberto Saviano – L’Antitaliano - L’Espresso - 26 febbraio 2017 -
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