“Funny Games” è un film tremendo del 1997 diretto
da Michael Haneke. Peter e Paul sono due ragazzi che compiono atti violenti ai
danni di alcune persone in vacanza nei pressi di un lago. Peter e Paul si
fingono ospiti di vicini di casa e vanno per conto di quelli, a chiedere uova
alle famiglie che abitano le ville adiacenti. Hanno evidentemente deciso di
trascorrere così quelle vacanze estive: torturando e uccidendo una a una tutte
le famiglie della zona. Prima sarà Toccato a Fred e Gerda, il cui destino
possiamo solo immaginare, poi ad Anna, George e loro figlio Schourshi, di cui
seguiamo la tragica discesa negli inferi. La colonna sonora amplifica il senso
di impotenza, ci fa sentire in gabbia, circoscrive un angusto perimetro non
solo attorno ai protagonisti, ma anche attorno a noi: saremo i prossimi. Si
tratta di Naked City, disco dell’omonima band fondata da John Zorn. Peter e
Paul ricordano Alexander di “Arancia meccanica” anche se il film pare ispirato
a una storia vera; risulta però difficile immaginare una violenza gratuita
tanto efferata. Difficile fino a quando non ti imbatti in una notizia di
cronaca che racconta questo: a Grazzanise, un paese del Casertano, sei persone
sono finite in manette (quattro in carcere e due agli arresti domiciliari)
perché procuravano ferite e fratture a giovani tra i 18 e i 25 anni che
dovevano risultare vittime di incidenti. Incidenti fasulli, ma vittime vere. I
sinistri fasulli in Campania sono sempre esistiti ed il Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere, lo stesso che ha in carico questo processo, è oberato di
cause che riguardano falsi incidenti stradali. Nel 2012, sempre in provincia di Caserta, ci fu un
caso eclatante: i carabinieri di Santa Capua Vetere e Caserta scoprirono 300
falsi incidenti allo scopo di truffare le assicurazioni, ci furono 36 arresti
per un totale di 200 indagati. Tra questi medici e avvocati che dovevano
produrre i documenti utili a ottenere il risarcimento del danno. In Campania
quello dei falsi incidenti è un business che frutta decine di milioni di euro
ogni anno. La Campania detiene il primato nazionale, seguita da Puglia e
Sicilia, quindi da due regioni che hanno entrambe organizzazioni criminali
strutturate e che vivono una condizione di perenne crisi economica di emergenza
occupazionale. Si potrebbe quasi dire che le frodi assicurative sono, nel
nostro Paese, la cartina al tornasole dello stato di salute di un territorio e
una sorta di ammortizzatore sociale. Questa che per me è una provocazione, un
paradosso, una forzatura, in realtà per centinaia di persone è lavoro al punto
che, tutto sommato, nella percezione generale, cercare testimoni falsi o farsi
produrre documenti compiacenti, diventa prassi giustificata come ribellione
alla Robin Hood: si commette reato per togliere ai ricchi (le compagnie
assicurative) e dare ai poveri (il popolo negletto). Si tenga presente poi che,
in moltissime zone del Sud, è difficilissimo trovare testimoni reali che, nella
celebrazione dei processi, siano disposti anche semplicemente a riferire la
dinamica di un tamponamento. Il timore di avere a che fare con forze dell’ordine,
giustizia e avvocati è tale da indurre anche chi non ha nulla da temer a
sottrarsi alla macchina giudiziaria. Da qui il ricorso a testimoni falsi,
avvertito quasi come una necessità. Ho ragione? Ma senza testimoni rischio di
non essere risarcito, per di più ha torto molto probabilmente porterà testimoni
falsi. È n meccanismo infernale da cui non si riesce a uscire è prassi. E quando ad accettare la regola del malaffare sono anche le persone per bene, l’asticella si
sposta sempre oltre. Dai falsi testimoni e i falsi documenti, a vittime
realmente pestate a sangue perché i referti (questa volta, a quanto pare
compilati da medici ignari) avessero prognosi molto lunghe per risarcimenti
cospicui. Le persone picchiate con spranghe di ferro e mazze da baseball erano
consenzienti e si sottoponevano al massacro per poche decine di euro. Era un
sistema folle ma rodato, cos’è dunque a non aver funzionato? Ad aver inceppato
il meccanismo? I picchiatori, per ben due volte, massacrano di botte un ragazzo
di 22 anni incapace di intendere e di volere che racconta tutto a sua madre. La
donna sporge denuncia ai Carabinieri che avviano un’indagine che porterà agli
arresti. Al dispiacere per il ragazzo vittima di violenza gratuita e bestiale,
si unisce lo sgomento: al Sud la disperazione è tanta e tale da indurre ragazzi
giovanissimi a farsi picchiare violentemente per avere in cambio poche decine
di Euro. È lo specchio di un Sud fallito.
Roberto Saviano – L’Antitaliano - L’Espresso – 19 marzo 2017 -
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