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mercoledì 29 marzo 2017

Lo Sapevate Che: Lo stivale rovesciato nel caos del pop-populismo...



Era il 1992. Nel retrobottega di un’osteria di montagna, dove si mesceva un ruvido rosso, strani e arrabbiati leghisti dichiaravano guerra a Roma ladrona puntando il dito contro il novello nemico del popolo: la politica. Quel gruppetto di futuri onorevoli (su cui la Dc d’allora non avrebbe scommesso un cent) interpretava invece una rabbia reale. Deflagrata in un istante, ma capace di generare un’ondata d’urto ancora non esausta nella sua spinta. Era la rabbia di un Nord satollo. Di soldi e di tasse. Alla vigilia di una crisi che l’establishment si rifiuta di vedere e di cui Roma si fa beffa. A distanza di 25 anni, lo Stivale è rovesciato ma stiamo tornando lì. E se al Nord spuntavano veraci politicanti tutti distintivo ma poco congiuntivo, al Sud rinasce il caudillo, il Masaniello. Che sfrutta e trapassa i social per tornare dritto in casa degli arrabbiati. Da Michele Emiliano a Leoluca Orlando che di questo parallelismo strabico fra Nord e Sud è un archetipo, un partito-persona a caccia di un popolo pronto a seguirlo. Per arrivare a Luigi Di Maio e alla batracomiomachia con Di Battista, giocata su due stili contrapposti: uno si mimetizza con il Palazzo per demolirlo dall’interno, l’altro sta fuori per ferirlo dalla strada. E, last but not least, direbbe Donald Trump, Giggino De Magistris che per celebrare i 25 anni di scontro con la Lega antimeridionalista e ruspante (nel senso di ruspe), ben consapevole che le due forze centrifughe (il Nord allora, il Sud oggi) sono uguali e contrarie, ha sfidato proprio il capo del Carroccio Matteo Salvini in un duello fra populismi, finendo agli scontri di piazza. Eppure crescono. Nutriti dalle polemiche, dalla sciatteria con cui liquidiamo fenomeni complessi nella convinzione dell’Occidente di classificare e spiegare tutto. Invece no. I partiti di governo captano poco di ciò che sta avvenendo alle latitudini popolari- Se poi in Olanda vincono i liberali tirano tutti un sospiro di sollievo. E non scorgono piuttosto la débâcle della sinistra in uno dei Paesi più avanzati al mondo in fatto di libertà e diritti. (..). Una rivolta italica, che condivide fenomeni di ribellione sociale con il resto d’Europa e d’America. Tanto che affidiamo a Ian Buruma un’analisi di Trump, archetipo di questo caos e termometro del nuovo orientamento postdemocratico: il “pop-populismo”. Le associazioni per i diritti gridano allo scandalo e gli ambientalisti insorgono, i paesi islamici contestano il Muslimban, ma sulla Fifth Ave a New York gli homeless per intascare qualche dollaro in più indossano la maschera di The Donald. E la gente si ferma e paga. Così come sulla High Line compaiono le installazioni anti-Trump firmate dagli artisti emergenti del West Village, ma poi al supermercato si vende la cioccolata ai bambini con inciso il faccione del miliardario presidente Donald. Lo stesso cha ha fatto infuriare tutti alla Trump Tower, perché da quando sta alla Casa Bianca, i suoi inquilini devono passare il metal detector. E via contestando. Eppure alla gente là fuori, in fondo, piace. È il trash che diventa pop. Fenomeno che l’America conosce bene. E che potrebbe contagiare l’Europa. Magari non l’Olanda, ma Italia e Francia sì. E sarebbero guai.
Tommaso Cerno – Editoriale – L’Espresso – 26 marzo 2017 -

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