Spesso succede Che
Abito E Politica siano
l’uno la risposta all’altro, meno frequente il contrario, ma la relazione è
stretta, a volte anche rivoluzionaria e scientificamente testata. In epoca di
scissioni, strappi e distacchi, politici e economici, interni e esteri, la moda
più pop, risentita e arrabbiata, che va di grande moda è il genere strappato,
lacero, sbrindellato. Questa volta il nesso è chiaro. Considerata la piega e la
piaga del paese, gli usi e i consumi della sua classe dirigente, l’etica di
leader, ex premier, e aspiranti segretari non resta molto altro che stracciarsi
le vesti. Agli Albori Della Faccenda notando gli indumenti mal ridotti
nei negozi c’era chi aveva pensato a un furioso assalto di tarme in crisi
economica, come metà del paese del resto, forse anche loro con una pensione
minima senza nemmeno bonus degli ottanta euro. Poi, si è cominciato a capire
che era anche un segnale, un messaggio biblico quasi, un urlo. Coì potente da
diventare moda. Ora La Strappo-logia nel senso di espressione di una
lacerazione, non solo della trama dei tessuti ma anche della trama politica e
culturale, invade strade, armadi, partiti. Lo strappo è un leit motiv, un filo
rosso, un obiettivo. Ha preso il posto della pur violenta rottamazione, adesso
non si sostituisce più, si taglia. Non si ricuce, è meglio rompere prima. E’ la
nuova certezza di una visione cartesiana. Strappo ero sum. Nei Grandi Magazzini come nelle boutique di quartiere i pull mostrano tagli fetish, le
camicie sono stracciate come se fossero finite in pasto a rottweiler isterici,
le magliette sembrano emerse da una zuffa tra dalemiani e renziani o tra
salviniani e fan di Zaia. Per non parlare dell’invasione commerciale di sottane
piene di strappi neanche fossero sfuggite a un inseguimento di Berlusconi
durante un Bunga Bunga di successo. È La Politica Contemporanea che si basa sullo strappo, sul
cambiare strada, sul dare un taglio. Sulla questione il Pd vincerebbe il
Guinness mondiale. Ma anche il centro-destra non si fa parlare dietro, la
strada dell’ei fu Polo delle Libertà è lastricata di ex finti delfini senza
quid. La Lega ha sfondato al Nord sventolando la secessione e ora gli scontri a
Napoli dell’11 marzo hanno mostrato l’accoglienza del Sud. Le fondamenta del grillismo,
star del momento, sono state edificate sull’algoritmo dello strappo e della
rottura anche al suo interno. La Veste Stracciata rappresenta anche una livella – dame
altolocate come ragazzi con i voucher – un’uguaglianza sociale, solo apparente
certo, che la politica non ha saputo trovare. Nata sulla strada prima e poi nei
grandi magazzini globali, con i suoi buchi e i suoi strappi è la manifestazione
del disagio. Tutto Il Vecchio Mondo È sotto strappo, i venti del
nazionalismo e dell’antieuropeismo inneggiato alla divisione dalla madre
Europa. Si profila anche il contrario, con la Scozia che vuole lo strappo dal
Regno Unito per poter rientrare in Europa. Le Prime Vesti
Stracciate si
materializzano ai sintomi iniziali dell’anti europeismo. Si tratta dei jeans
naturalmente, loro hanno sempre la primogenitura del cambiamento. A quel tempo,
lo strappo non è esagerato (ora è impossibile quasi trovare un jeans che non
sembri un emmental). (..). A Esaminare Il Fenomeno anche dal punto di vista elettorale –
la moda preannuncia svolte e egemonia culturale in divenire – lo strappo mostra
più una vocazione al proporzionale che al sistema maggioritario. Tanti piccoli
strappi rendono indispensabili alleanze e intese per ricomporre “il tessuto
lacerato”, scrive Stefano Folli su Repubblica. Anche se ci sono strappi che
nessun ago e filo può rammendare. Né sui vestiti, né in politica.
Denis Pardo – Pantheon – L’Espresso – 19 marzo 2017 -
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