Milioni i elettori dell’America
profonda sono sicuri che Michelle Obama sia un uomo, un transessuale, che le
figlie siano adottate e Barack sia nato in Kenya. Donald Trump è un produttore
di fake news a getto continuo.
Qualche settimana fa ha confuso il nome di Sehwan, in Pakistan, con Sweden, e
ha annunciato al mondo un terrificante attentato i Svezia, scatenando risate
omeriche per i social. In Spagna c’è stata una rissa politica sul caso famoso
della bambina italiana violentata e messa in cinta da un rifugiato siriano
ospitato in famiglia, prima di verificare che era falsa. Gli italiani sono fra
i popoli più sicuri di saper distinguere falso o vero sul web, infatti sono
convinti in maggioranza che la disoccupazione sia al 48 per cento (è al 12),
gli immigrati il 25 per cento (5) e gli islamici il 20 (1,6). Molti credono
davvero alle favole sugli immigrati ospitati in residence di lusso e foraggiati
da ricchi sussidi statali. La maggioranza degli europei pensa che l’Europa sia
invasa da decine di milioni di rifugiati (sono 4 milioni, in realtà ospitati
all’85 per cento nei paesi confinanti. In Libano i rifugiati sono 28 ogni 100
abitanti, in Italia lo 0,19 per cento. Nonostante il dibattito, per la verità
un po' confuso, sulla post verità, il boom delle false notizie in rete continua
per varie ragioni. Anzitutto, i soldi. Mentre un povero giovane giornalista si
danna a cercare notizie vere per dieci euro ad articolo, il coetaneo più furbo
si arricchisce da casa inventando bufale gradite al pubblico. Poi ci sono gli
interessi politici, lo spionaggio fra potenze, il business della paura e le
bolle economiche. La moneta cattiva straccia quella buona. Google e Facebook si
arricchiscono sulle bufale, senza avere responsabilità legali e nemmeno
fiscali, e possono sempre scusarsi di aver pubblicato una diffamazione sul
vostro conto, o le vostre foto nude o quelle di vostra figlia, postate dall’ex
fidanzato, dicendo che non possono controllare tutto, altrimenti sarebbe
censura. La gente ha smesso di avere fiducia in giornali e tv, considerati non
a torto servi dell’establishment, ma finisce per credere ai peggiori
manipolatori. Che fare? Per cominciare invece di sequestrare i telefonini in
classe, si potrebbe insegnare ai ragazzi a come usarli bene, come nei nuovi
programmi della scuola francese. Si debbono fare nuove leggi, combattendo il
poderoso lobbismo che le ha bloccate finora. Ma la battaglia è soprattutto
culturale e bisogna partire qui e ora, o un giorno la democrazia sarà
cancellata dall’ultimo clic.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
17 marzo 2017 -
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