Roma e l’Italia sono davvero i luoghi
ideali per ospitare la fiera celebrativa dei trattati europei. Dove, se non
nella patria della retorica, i grandi capi che stanno portando a grandi passi
l’Unione alla catastrofe, potrebbero così spudoratamente scambiarsi complimenti
ed elogi? La retorica, ovvero la capacità delle classi dirigenti di mascherare
le proprie malefatte con argomenti stupidissimi ma popolari, ha fatto più danni
all’Italia di epidemie, catastrofi naturali e crisi economiche. Prendete il
caso Alitalia. I casi, anzi, perché siamo al terzo fallimento in pochi anni.
Ora, a rifletterci, è strano che la compagna aerea dell’Italia, nell’epoca del
maggiore boom turistico di tutti i tempi, con i prezzi del petrolio ai minimi
storici, continui ad accumulare perdire miliardarie. Colpa delle low cost,
certo. Ma come mai, nonostante quelle, British Airways, Lufthansa ed Air France
vanno benone e solo la nostra cola a picco? Per fortuna delle classi dirigenti,
l’italiano medio, allevato a talk show, non è uso a fari domande tanto semplici
e razionali, preferendo le risposte retoriche. Dieci anni fa il governo Prodi
aveva firmato un ottimo accordo di fusione progressiva di Alitalia con Air
France e Kim, che si sarebbero pure accollate le perdite. La retorica berlusconiana
bloccò tutto in nome della sacra italianità, chiamando al capezzale del
moribondo un grappolo di capitani coraggiosi del capitalismo autoctono. Dietro
la pantomima nazionalista c’era, fra l’altro l’interesse della Lega Nord a
mantenere la mangiatoia clientelare dell’aeroporto di Malpensa, che Air France
voleva giustamente ridimensionare. L’operazione finì in un bagno di sangue, i
capitani non trovarono il coraggio di cacciare un euro e i miliardi di perdite
furono scaricati sui contribuenti gonzi, per ridursi infine a un umiliante
accordo con Dubai. Nel frattempo la Lega di Salvini, ha liquidato ai saldi
politici il mito padano, compreso Dio Po e santa ampolla, per diventare una
sottomarca Le Pen, e Malpensa è ora uno scalo fantasma. Ma la colpa, complice
la stampa addetta alla manutenzione del luogo comune, fu scaricata sugli
“assurdi privilegi” di steward e hostess, i quali nella realtà guadagnano ormai
meno di un metalmeccanico. Mentre, fra un fallimento e l’altro, sono transitate
orde di dirigenti incompetenti, entrati e usciti con stipendi e liquidazioni
milionarie che i ben più capaxi amministratori di Lufthansa e Air France non
vedono col telescopio. L’ultimo atto della farsa prevede il dimezzamento della
compagna, duemila licenziati e altre perdite. Abbiamo pagato l’equivalente di
una finanziaria per vedere infine i turisti cinesi arrivare a Roma via
Francoforte. Ecco l’italianità.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
24 marzo 2017-
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