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domenica 12 marzo 2017

Lo Sapevate Che: I tanti colpevoli del fallimento dell'istruzione...



Mi Trovo Totalmente in disaccordo con Lei laddove scrive che quando la disciplina è un problema “ciò è dovuto al fatto che il professore non è all’altezza del proprio compito. Può darsi che a volte sia così, ma non lo è sempre, forse neanche spesso. Le posso assicurare che il biennio iniziale per molte classi non è più da considerarsi “scuola” nel senso tradizionale del termine, perché l’attività preponderante non è più quella didattica, ma quella disciplinare: la priorità dell’insegnante, una volta entrato in classe, è quella di ricostruire un contesto ordinato e non rumoroso (silenzioso è pretendere troppo) in cui tentare di avviare l’attività didattica. Prima degli insegnanti vengono i genitori, per molti dei quali la scuola è diventata un parcheggio per figli ingestibili. Questi adolescenti, presumibilmente abituati a fare quello che vogliono in casa e a non essere contrastati, pretendono di fare altrettanto a scuola. E se l’insegnante esasperato, dopo svariati richiami e ammonizioni, irroga agli studenti disturbatori e/o villani una nota disciplinare, questi la contestano dando la stura a una polemica surreale, nei toni e nei contenuti spesso aggressiva, contro chi ha osato sanzionare il loro comportamento. Quindi, a mio parere, il punto “competenza ed efficacia degli insegnanti”, pur avendo una sua intrinseca rilevanza, è secondario a fronte di una massa crescente di adolescenti irresponsabili, pigri e sbandati.
Maria Chiara Daccò  mariachiara1964@libero.it

A Costo Di Annoiare le mie lettrici e i miei lettori torno sul problema dell’istruzione dei nostri ragazzi, perché la questione è troppo importante, non solo per loro, ma anche e soprattutto per il futuro del nostro Paese. Lei distribuisce le colpe del mal andamento della nostra scuola ai ragazzi, ai loro genitori e al ministero dell’Istruzione. I ragazzi li abbiamo messi al mondo noi, e precisamente in un mondo dove quel che conta è il successo, il denaro, l’affermazione di sé anche a scapito degli altri. La scuola e la cultura che trasmette dovrebbero almeno prospettare altri valori che relativizzino i primi, facendone apprezzare altri più significativi e interessanti, capaci di gratificare il concetto che ciascuno di questi ragazzi ha di sé. Se lei mi dice che: “In un istituto professionale l’attività preponderante è quella di ricostruire un contesto ordinato e non rumoroso (silenzioso è pretendere troppo) in cui tentare di avviare l’attività didattica”. Mi lasci dire senza alcuna esitazione che la colpa è di quegli insegnanti che non hanno un’adeguata personalità per stare in una classe o una capacità a conquistarla sul piano emotivo. Di questi insegnanti del tutto inadeguati a ricoprire il loro ruolo, non c’è studente che non abbia fatto esperienza. Per quanto riguarda i genitori sono assolutamente convinto che devono essere lasciati fuori dalla scuola, dopo essere stati malauguratamente introdotti negli anni ’70 dei Decreti Delegato del ministro Franco Maria Malfatti, e negli anni ’90 ulteriormente legittimati e incoraggiati dal ministro Luigi Beringuer. La ragione è molto semplice: i genitori non sono interessati tanto alla formazione dei loro figli, quanto alla loro promozione. E perciò dalla scuola primaria all’ultimo anno di scuola superiore fanno i sindacalisti dei figli, contestando le decisioni prima delle maestre e poi dei professori tramite ricorsi al TAR che, per il quieto vivere, finisce per dare ragione ai genitori. A sua volta anche la scuola e i commissari degli esami di Stato, sempre per il quieto vivere, finiscono per promuovere tutti, generando il sospetto, assolutamente fondato, della loro inutilità. (..) Se poi consideriamo che il ministero dell’Istruzione, come lei ricorda nella parte della sua lettera che per ragioni di spazio ho dovuto tagliare, invita i dirigenti scolastici a promuovere più studenti possibili per evitare l’abbandono scolastico, e i presidi a loro volta invitano i professori ad analogo comportamento per dimostrare il “successo formativo” del loro istituto, qui il cerchio si chiude. Ed è un brutto cerchio, perché segna il trionfo dell’ignoranza, mascherata da diplomi che, alla prova dei fatti, quando ad esempio si scrive un curriculum, mostrano senza inganno la loro falsità. Se a tutto ciò aggiungiamo che i nostri ragazzi avranno come competitori, non i primi della loro classe come un tempo, ma i loro coetanei cinesi e indiani, ci dobbiamo meravigliare se l’Italia e con lei l’Europa, e a guardar bene l’intero Occidente, stanno declinando?
umbertogalimberti@repubblica.it  – Donna di La Repubblica – 4 marzo 2017 -

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