Pechino. E se il pianeta delle scimmie non
fosse poi così diverso dal nostro? Con quel nome bucolico che si ritrova,
soltanto uno scienziato chiamato Pan poteva pensare di sciogliere il mistero
dell’anello mancante. “Volevo scoprire i segreti dell’evoluzione dalla società
degli animali alla società degli uomini” spiega Pan Wemshi parlando del suo
ultimo lavoro, un libro che sta per uscire nelle librerie cinesi sui presbiti
dalla testa bianca. Perché è nella storia e, antropomorficamente parlando,
nelle avventure di queste piccole scimmie, che forse si nasconde davvero il
segreto dell’evoluzione: quantomeno della società. Pan Wenshi ha ottant’anni e
non è uno scienziato qualsiasi. Qui viene un po' considerato il papà della
zoologia cinese. E’lui che ha fondato ormai una quindicina di anni fa il Centro
per la Natura e la Società dell’Università di Pechino. E le parole scelte per
identificare l’area della biologia che più gli sta a cuore riflettono proprio
il cuore della sua ricerca: natura e società. Il Dottor Pan è infatti un
seguace di quella sociobiologia che Edward O. Wilson ha portato fuori dalle
aule universitarie per trasformarla in fenomeno da bestseller (La conquista sociale della Terra.
Raffaello Cortina). Ma se il grande scienziato americano si è occupato principalmente
di formiche e altri minuscoli protagonisti della vita animale, il nostro Pan
nella sua lunga carriera ha bazzicato ben più strutturate bestioline. Prima di
dedicarsi ai suoi amati presbiti, ha focalizzato le sue ricerche sull’animale
che è un vero e proprio simbolo della sua Cina: il panda. E proprio
confrontandosi con questi “orso-gatto”. Che sarebbe la traduzione letterale del
cinese xiongmao, ha dovuto fare i
conti con il tragico concetto di estinzione. Ha scritto il New York Times che il lavoro di Pan “si è rivelato fondamentale
nella conservazione dell’habitat del panda”. Se oggi l’animale che il Wwf aveva
scelto ormai emblema della natura in pericolo è stato finalmente “espulso”
dalla lista di quelli più a rischio, è un po' anche merito suo. (..). Per
studiare il fenomeno più da vicino possibile, il professore e un paio di alunni
fidati spendono i primi due anni praticamente rintanati in una baracca senza
luce e acqua corrente ai piedi del monte Nongguan.
Ma come spesso capita nelle scoperte più importanti del mondo l’illuminazione
avviene per caso. La mela caduta sulla testa di Pan ha la forma appetitosa di
un dolcetto che un giorno il prof regala a uno dei tanti poveri abitanti del
villaggio che lo aiutano nei lavori quotidiani. Il dono è per i suoi piccoli.
Ma quando il giorno dopo il buon Pan chiede al contadino se i bambini hanno
gradito, si sente rispondere l’ultima cosa che si sarebbe aspettato da quel
buon padre di famiglia: “L’ho mangiato io per strada. Avevo troppa fame”. Lo
shock per quella confessione spinge il prof a visitare la famiglia dell’uomo. E
solo a visitare la famiglia dell’uomo. E solo allora si accorge della pietosa
condizione in cui la sua e le altre famiglie del villaggio tirano avanti: in
otto intorno a un piatto di riso. Quella gente era così povera che non solo, in
tutti quegli anni, si era cibata delle scimmie. Aveva contribuito alla loro
decimazione in un modo più sottile: competendo per le stesse risorse naturali.
Eliminando, per esempio, le piante dove prosperavano. Riducendo il territorio
che le scimmie consideravano casa a una specie di cava artificiale. Un disastro
di habitat. “E’ stato allora che ho capito che avremmo anche potuto studiare le
nostre scimmie per 100 o 200 anni” dice Pan a China Daily “ma se non avessimo
prima salvato la gente del villaggio l’intero habitat sarebbe andato
distrutto”. E’ così che lo scienziato che voleva salvare le scimmie si è
trasformato in un vera e propria macchina da beneficenza. Prima utilizzando i
15mila dollari di donazione ricevuti per le sue ricerche dalla Ford. POI
costringendo il governo centrale a intervenire con una raccolta fondi che ha
aiutato 1800 famiglie in 14 villaggi della zona. Conclusione: oggi il reddito
pro capite nel villaggio è passato dai 400 yuan (poco più di 50 euro) del 1996
agli oltre 6mila registrati nel 2015. E il pianeta delle scimmie (salite a 500
esemplari), che sembrava lontanissimo, s’è rivelato per quello che era: la
stessa Terra che ci ospita tutti.
Angelo Aquaro – Animali – Il Venerdì di La Repubblica – 25
marzo 2017 -
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