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venerdì 17 marzo 2017

Lo Sapevate Che: Una Repubblica fondata sul privato...



Non sembrerebbe, dal livore che invade i social, ma l’Italia resta una Repubblica fondata sul buon cuore, sull’aiuto che le persone vicendevolmente decidono di darsi. L’Italia è una Repubblica fondata sul finanziamento privato ad ambiti di pubblico interesse. Non sarebbe certo da scriverci su, se il finanziamento privato arrivasse a sostenere e a completare quello pubblico. Ma ci sono ambiti cruciali per il nostro Paese in cui gli unici finanziamenti degni di nota sono quelli provenienti da privati e i fondi pubblici sono, potremmo dire, non pervenuti. Uno di questi ambiti, sorprendentemente, è proprio la ricerca sul cancro. Ogni giorno in Italia si scoprono quasi 1.000 casi di cancro e le nuove diagnosi di tumore, nel corso dell’anno, si stimano intorno alle 363.000: 194.400 (54%) fra gli uomini e 168.900 fra le donne. Non proprio una minoranza e lo sottolineo perché spesso siamo portati a credere che la mancanza di fondi riguardi solo ambiti di minor interesse collettivo, dove il disinteresse dello Stato è grave, ma proviamo a giustificarlo pensando alla crisi e ai tagli che giocoforza devono investire il settore pubblico e che quindi colpiscono quelle fasce meno protette, proprio perché fortemente minoritarie. Malattie rare, forme di disabilità in cui il pubblico ci racconta di difficoltà insormontabili nel far fronte all’obbligo di frequenza scolastica. Magari parliamo di ingiustizie e di iniquità credendo che laddove insistono numeri maggiori, il coinvolgimento del pubblico debba essere per forza di cose più cospicuo. Stupisce quindi notare come, a dispetto dei numeri, il pubblico si permette il lusso di tagliere i fondi, di non investire, anche laddove è totalmente ingiustificato che questo avvenga. I Prin, ovvero i Programmi di rilevante interesse nazionale, che dovrebbero essere i finanziatori primi della ricerca scientifica nel nostro Paese, nel 2015 avevano stanziato 32 milioni di euro per vari ambiti disciplinari mentre, nello stesso anno, l’Airc ha stanziato 104 milioni solo per la ricerca sul cancro. Questa sproporzione dà un’idea precisa di cosa sarebbe la ricerca italiana senza i finanziatori privati, di cosa sarebbe la ricerca per un ambito nel quale il pubblico dovrebbe necessariamente investire moltissimo. Scoprire dunque che alla ricerca sul cancro, se non esistesse l’Airc, in Italia il pubblico avrebbe ben poco da offrire, è una evidenza che lascia senza parole. E se questa notizia restituisce un balzano senso di equità perché, con una buona dose di cinismo, tocca ammettere che lo Stato nel quale viviamo non fa preferenze di sorta ed è patrigno con tutti, dall’altro risulta difficile comprendere come si possa lavorare e fare ricerca se lo Stato non investe. (..). Dall’altro lato, ormai sono anni che avviene una sorta di piccolo miracolo che porta l’Airc, sostenuta da oltre 4 milioni di italiani a stanziare per la ricerca sul cancro. Gli ultimi dati parlano di 602 progetti di ricerca e 78 borse di studio finanziati. 5.000 ricercatori lavoreranno nelle università, negli ospedali pubblici e negli istituti di ricerca. Di questi il 63% sono donne e il 52% sono ricercatori che hanno meno di 40 anni. I progetti finanziati sono stati selezionati attraverso un processo di valutazione rigido fatto da circa 500 revisori in parte stranieri. Sono state poi finanziate diverse startup di giovanissimi ricercatori che hanno deciso di rientrare dall’estero e di iniziare attività laboratoriale in Italia. Quindi possiamo dire, a ragion veduta, che i progressi che negli ultimi anni ha fatto la ricerca sul cancro in Italia, li deve all’attività di raccolta fondo di iniziativa privata. L’Airc ha fatto nel nostro Paese molto più di quanto abbiano fatto i Ministeri dell’Istruzione e della Salute insieme. E a fronte di tutto questo, anche un solo centesimo di euro speso per quelle ignobili campagne sul Fertily day sono ancora più intollerabili. Dove non si trovano i fondi per la ricerca scientifica, che equivale a progresso e a condizioni di vita migliori, corre l’obbligo di gestire in maniera oculata anche una banconota da cento euro.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 12  marzo  2017 -

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