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giovedì 16 marzo 2017

Lo Sapevate Che: Il selfie di Dürer, che si dipinse come Cristo..



Il selfie ha radici antiche, addirittura ne 1400, secolo in cui – grazie agli specchi rivestiti di vetro e amalgama di stagno e mercurio realizzati in Germania – i pittori poterono, per la prima volta, vedersi in maniera molto fedele e quindi far nascere l’autoritratto. Una forma espressiva che, ci dice oggi la psicologia, attraverso i secoli e le tecnologie – della tela al dagherrotipo di Robert Cornelius nel 1839, primo “selfie” storico, allo smarthphone odierno – non ha mutato la sua ragion d’essere e i suoi motivi profondi. È la tesi di Claus-Christian Carbon, docente di psicologia all’Università di Bamberg (Germania) nello studio Universal principles of depicting oneself across the centuries fron Reinassance self-portrats to selfie-photographs (principi universali del ritrarre sé stessi attraverso i secoli: dagli autoritratti del Rinascimento ai selfie) pubblicato su Frontiers in Psychology. “Pensiamo all’Autoritratto con pelliccia dipinto nel 1500 da lbrecht Dürer, dove il pittore si ritrae nella posizione frontale e nell’atteggiamento ieratico delle raffigurazioni di Cristo, mentre indossa un lussuoso manto, siglando il dipinto con A.D. 1500, che significa sia Albrecht Dürer che Anno Domini”, spiega Carbon. “Dürer vuole trasmette l’idea dell’artista come forza creatrice, quasi divina: lo fa mescolando la realtà del suo aspetto con l’immaginazione. Lo spirito dell’operazione, trasmettere a chi guarda non solo un’immagine ma un’essenza, è tipico anche dei selfie, odierni e delle pagine Instagram” Il principio comune è quindi comunicare agli altri lo stato interiore dell’autore e la sua importanza: “Sia gli autoritratti dei pittori che i selfie sono, evidentemente non commissionati. (..). Da questo punto di vista il selfie ha un grado di insincerità in più: “C’è una pretesa di naturalezza, di oggettività dell’obiettivo fotografico. Chi ci mostra un selfie vuole farci credere che la foto sia stata scattata senza pianificazione, quando una certa situazione è emersa spontaneamente: molte delle situazioni ritratte esistono invece solo in funzione del selfie che si scatta” osserva Carbon. “E, anche in assenza degli artifici della pittura, i selfisti mettono in atto vari trucchi per falsare la loro immagine: per esempio, usano inquadrature dall’alto per apparire più snelli”. Secondo l’analisi di Carbon, volersi mostrare agli altri come esseri unici e invidiabili non è però l’unico motivo per autoritratti e selfie: un’altra funzione chiave è quella di documentare una performance. “Un esempio sono i selfie mentre si fa sport o quelli più spericolati in cima ad antenne o torri o sui cornicioni” spiega Carbon. “L’analogo in pittura sono quadri come l’Autoritratto al cavalletto di Van Gogh o Las Meninas (le damigelle d’onore), dove Diego Velázquez ritrae sé stesso nell’atto di dipingere la corte dell’infanta Margherita. Oppure le tele dove l’artista britannico Robert Pepperell ritrae in soggettiva l’interno di una stanza, includendo le sue gambe e i suoi piedi in perfetto stile selfie”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 10 marzo 2017 -

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