Il secondo sesso torna di moda. Ma
questa volta in versione glamour. E Simone de Beauvoir diventa l’icona del
pop-femminismo, dopo essere stata la professoressa di quello storico. Mentre
Maria Grazia Chiuri fa aprire la sfilata di Dior a una modella in Tshirt bianca
con la scritta We Shoud All Be Feminists,
dovremmo essere tutte/i femministe/i, una frase della scrittrice nigeriana
Chimamanda Adichie. Di fatto una chiamata unisex per l’uguaglianza fra i generi.
In più, la stilista, prima donna a guidare la prestigiosa maison parigina, ha
dichiarato di aver abbinato il capo militante con un elegantissimo gonnellone
di tulle nero per sottolineare che oggi si può e si deve lottare per i diritti
femminili senza rinunciare alla femminilità. Come dire che ci sono delle
alternative ai due estremi tra cui sembra oggi oscillare l’immagine delle
donne. Mascolinizzazione o escortizzazione. Il resto lo hanno fatto star come
Rihanna e Natalie Portman, che hanno trasformato la maglietta in oggetto
virale. E introvabile. A ispirare Chiuri è stata sua figlia ventenne,
appassionata lettrice di Chimamanda che, in una Ted conference, ha lanciato lo
slogan del nuovo femminismo globale. D’altra parte ad accomunare
l’intellettuale francese e quella nigeriana è proprio l’eleganza. Che non è
semplicemente look, ma una sorta di pensiero incarnato nel corpo. Negli abiti
come nelle abitudini. Nei cambiamenti delle mode come in quelli dei modi.
Dall’austero chignon di Simone de Beauvoir alla crocchia afro di Chimamanda
Adichie. È il passaggio di testimone dal femminismo di ieri a quello di oggi.
Ma in entrambi i casi si tratta di alzare la testa.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 17
marzo 2017
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