Per distrarsi dal clima del dibattito
interno al Pd, non particolarmente affascinante sul piano dei contenuti, vale
forse la pena di allargare lo sguardo all’estero e osservare quanto accade al
campo progressista nell’Occidente democratico. Dopo una serie di sconfitte
clamorose, in ultimo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, sono andati
in crisi alcuni pilastri del pensiero dominante riformista dell’ultimo
ventennio, riassunto nella dottrina della Terza via. Non è più così scontato
che la missione storica di un centrosinistra moderno sia quella di accompagnare
con entusiasmo la globalizzazione con ondate di allegre liberalizzazioni,
aiutare lo smantellamento del welfare privatizzando la scuola e la sanità,
spiegare ai giovani che il nuovo meraviglioso futuro non prevede posti fissi e
salari decenti e pensioni, convincere le masse che il loro vero nemico è iò
sindacato e non il padrone, con il quale fra l’altro è bellissimo andare in
vacanza in barca, e che in fondo un mondo con pochi ricchi e molti più poveri
può essere accettabile, se in cambio si ottengono matrimoni gay e qualche quota
rosa. Questa spensierata narrazione di un mondo che produce ogni anno milioni
di nuovi emarginati non ha prodotto l’agognato consenso sia della vecchia
classe operaia, sia dei nuovi ceti emarginati che avrebbe dovuto garantire ai
socialisti europei e al partito democratico americano lunghe stagioni di
egemonia. Al contrario, in maniera incomprensibile per gli spin doctor ma non
per tutti gli altri, sta consegnante masse di lavoratori inferociti e ceti
emergenti ormai sommersi di debiti e movimenti populisti di destra che
rilanciano vecchie ricette di sinistra, sia pure in salsa nazionalista e
xenofoba. Che fare? Nei partiti socialisti europei alcuni piccoli outsider, per
esempio Jeremy Corbyn in Gran Bretagna e Benoit Hamon in Francia, sono stati
colti da una bizzarra idea: e se tornassimo a parlare di lavoro? Così, partendo
dalle periferie e non dai salotti della finanza, hanno conquistato i rispettivi
partiti. Può darsi, anzi è sicuro secondo gli infallibili sondaggi, che non vincano
le elezioni. Ma perfino il moderato Martin Schulz, già presidente
dell’Europarlamento, s’è messo a dire all’improvviso cose di sinistra, per
esempio che un Paese come la Germania, con 250 miliardi di surplus annuo, dovrebbe
cominciare ad alzare gli stipendi dei lavoratori. E ora l’Spd soga di
pensionare la Merkel. Negli Usa, dove i bookmaker valutano alla pari l’ipotesi
che Trump non finisca il mandato per impeachment, il partito democratico si
prepara a rilanciare la sfida alla Casa Bianca con le idee di Sanders,
piuttosto che con la retorica liberista di Hillary Clinton. Questo accade nei
progressisti del mondo, mentre in Italia si discute di date elettorali.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 24
febbraio 2017
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