Cosa c’è di più astratto, e perciò peculiare della specie
umana, della matematica? Eppure, dicono nel saggio Cervelli che contano (Adelphi..) il neuro scienziato Giorgio
Vallortigara, dell’Università di Trento, e la divulgatrice scientifica Nicla
Panciera, condividiamo le basi della matematica con ogni animale, dagli insetti
in su. “Le ricerche dimostrano come gli animali siano in grado di valutare le
differenze tra quantità” spiega Vallortigara. “Per esempio, le leonesse
attaccano di notte gruppi di leoni estranei, solo dopo aver confrontato il loro
numero con quello dei ruggiti degli invasori. La differenza è che noi al “senso
del numero”, abbiamo aggiunto il “concetto del numero”, che ci permette di contare
con precisione e senza limiti. In realtà, in laboratorio, anche scimpanzé e
pappagalli hanno appreso l’uso di simboli numerici, ma per ogni nuovo numero,
occorre addestrarli da capo. I bambini, invece, a un certo punto, capiscono che
possono costruirsi da soli nuovi simboli numerici, aggiungendo un + 1, fino
all’infinito”. Ma il concetto di numero non è indispensabile. “I cacciatori-raccoglitori
amazzonici Pirahà non hanno parole per i numeri superiori a due. Ma quando i
loro bambini vanno a scuola, imparano a contare, in portoghese, come tutti gli
altri. Questo illustra bene la nascita del concetto di numero: solo con
l’agricoltura e il commercio l’uomo ha avuto bisogno di contare con precisione
grandi quantità e ha elaborato simboli astratti da applicare al suo “senso di
numerosità””. Ma è un senso che si può allenare? “Test fatti su bambini piccoli
hanno mostrato che quelli più bravi a riconoscere differenze in gruppi di punti
colorati erano poi anche i più bravi in matematica a scuola. E’ quindi molto
probabile che creando giochi che sviluppino il senso del numero si possano
migliorare anche le capacità matematiche”.
Alessandro Codegoni – Il Venerdì di Repubblica – 5 dicembre
2014 -
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