Bisogna essere onesti e
ammettere che la cattiva informazione negli ultimi tempi ha fatto più danni di
tante paventate “pandemie”. Ogni quattro, cinque anni i media lanciano allarmi che,
per fortuna, non si concretizzano, ma intanto alimentano affari sporchi e
giganteschi, economici e politici. In qualche caso ho scelto di fare la cavia volontaria. Ai
tempi dell’allarme “mucca pazza” frequentavo magnifici ristoranti di carne
semivuoti e con prezzi dimezzati, rassicurato da mici ricercatori: “E’ il
periodo in cui si fanno più controlli, quindi si rischia di meno”. Ho poi
comprato polli a prezzi ridicoli durante l’allarme aviaria. Cinque anni fa mi
sono spostato sui salumi, disertati dopo il terribile monito governativo a
guardarsi dall’influenza suina. Molti esperti pronosticavano milioni di morti
in Europa. A conti fatti sono stati tremila, circa un dodicesimo di quanto
provoca in media un’influenza stagionale. Nel frattempo le case farmaceutiche
avevano piazzato milioni di vaccini. E’ di conseguenza con un certo scetticismo
che considero gli apocalittici scenari di morte e distruzione dell’Occidente
dipinti intorno alla minaccia dell’Ebola. Un virus tremendo, che però esiste da
una quarantina d’anni e non ha mai varcato i confini di tre o quattro
sfortunate nazioni africane, se non per casi sporadici, come ora. Perché
dovremmo di colpo spendere miliardi per combatterlo? Non si tratta sempre di
corruzione di giornalisti al soldo di Big Pharma, il cartello delle grandi case
farmaceutiche e il secondo settore industriale del Pianeta, dopo le armi. Più
spesso è l’ignoranza di noi giornalisti, la fretta o la voglia di scoop. Per la
stessa ragione per cui l’allarme Ebola pare eccessivo, dovrebbe invece
spaventare l’ormai generale sottovalutazione dell’Aids. Non c’è nulla da fare,
ormai l’Aids è passato di moda. Non fa più notizia. Soprattutto da quando non
si può più sostenere che si tratti di una punizione divina contro drogati e
omosessuali. Però continua a uccidere e a far soffrire. In Italia i
sieropositivi sono 100 mila e molti altri non sanno di esserlo. Ma di lanciare
una campagna nazionale (magari migliore di quella catastrofica dei contorni
viola) non se ne parla. Di diffondere i preservativi fra i ragazzi che
continuano ad ammalarsi neppure, anche per via dei veti vaticani. Le Asl hanno
sospeso i programmi di prevenzione e la metà dei diagnosticati di Aids, la fase
più acuta, non ha saputo fino a quel
momento di essere sieropositiva e di avere forse infettato il partner. Ancora
una volta da questa sottovalutazione, come dalle sopravvalutazioni di altre
malattie, soltanto l’industria farmaceutica guadagna. E a rimetterci siamo
tutti noi.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 12
dicembre 2014 -
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