Se ci aspettiamo una ripresa dell’Europa basata sul piano
Junker di rilancio degli investimenti, allora dovremo aspettare per molto
tempo. Il piano Junker è non solo inesistente per la pochezza dei mezzi messi a
disposizione (21 miliardi di euro in tre anni) e per la fantasiosa ipotesi di
un moltiplicatore pari a 15 che dovrebbe eccitare 315 miliardi di euro di
investimenti pubblici e privati (..), ma è proprio sbagliato nelle sue ipotesi
di base. Nel suo desiderio di ricevere un voto favorevole al Parlamento
europeo, Junker ha annunciato un piano per 300 miliardi di euro per
investimenti in infrastrutture. Poi nella realtà, una volta nominato, ha
scoperto le carte: il piano non esiste. Infatti gli investimenti che si spera
di sollecitare devono essere “bancabili”, ossia devono poter essere finanziati
attraverso un sistema di prestito di tipo bancario. In altre parole devono
essere investimenti capaci di produrre in tempi relativamente brevi un reddito
sufficiente a ripagare le somme stanziate. Ma per questi investimenti c’è già
il mercato che oggi ha sufficiente liquidità (anche in eccesso) per finanziare
progetti che siano redditizi. Non c’è bisogno di alcuno strumento europeo per
favorirli. Se non ci sono abbastanza investimenti vuol solo dire che non ci
sono progetti validi. In Realtà Quello che manca in Europa è proprio
l’intenzione di investire. Le imprese hanno un eccesso di capacità produttiva
in seguito a una recessione che di fatto dura da sette anni. In queste condizioni,
non è l’assenza di credito che frena gli investimenti, ma l’assenza di
prospettive di crescita. Fare investimenti produttivi per un’impresa che non
vede crescere il suo mercato di sbocco rappresenterebbe un errore che
rischierebbe di portarla al fallimento. Ridurre il rischio per un simile
investimento, significa aumentare le probabilità di fallimento. In queste
condizioni, solo investimenti che si sarebbero comunque fatti anche in assenza
di tali sostegni finirebbero per essere avviati. Con qualche vantaggio per le
imprese coinvolte, ma con nessun vantaggio per l’economia nel suo insieme.
Resta la possibilità di finanziare investimenti pubblici in rto quelli più
utili ed urgenti, come la messa in sicurezza del territorio contro le
esondazioni dei fiumi (fenomeno che riguarda tutti i paesi europei) o contro i
rischi di terremoti, e neppure il disinquinamento di parti del territorio o il
recupero delle periferie urbane. Opere che avrebbero un elevato ritorno sociale
e anche economico nel lungo termine, ma non generano redditi con cui assicurare
la restituzione dei prestiti: E perciò l’area delle possibilità si restringe di
molto. Se parliamo di investimenti che possono produrre un reddito (autostrade
e pedaggio, aeroporti porti) allora si tratta di spese tutte utili ma che,
nuovamente, possono trovare finanziamenti sul mercato senza bisogno di
agevolazioni particolari, a condizione che i progetti siano ben strutturati. Se
finora non si sono manifestati, vuol dire che non ci sono. Ma, Dice Junker,
nulla vieta di aggiungere risorse nazionali, allo strumento europeo. Tutto
vero. Però le risorse aggiuntive possono essere messe solo da quei paesi che
non hanno uno stress nei conti pubblici. Cioè, paesi che già adesso
potrebbero,se volessero, rilanciare la loro domanda di investimenti
infrastrutturali. Se non lo fanno è perché hanno deciso così. E se lo facessero
solo per approfittare delle agevolazioni finiremmo per favorire chi non ne ha
bisogno senza molti vantaggi per l’Europa. In queste condizioni, spiace vedere
le nostre autorità insistere a dare una qualche fiducia a questo piano. Si
capisce che lo fanno per correttezza politica più che per convincimento. Ma
l’Europa uscirà dalla crisi solo con una vera politica di rilancio della
domanda interna che coinvolge tutti i paesi. E se la Germania insiste a
sottolineare che non vuole assumersi i
debiti degli altri paesi, occorre ricordarle che, in tale caso, non avrebbe
neanche dovuto prendersi la parte di mercato di beni che le è arrivata in dote
grazie all’istituzione del mercato unico a cui tutti abbiamo aderito.
icipoll@tin.it – Innocenzo Cipolletta – Si può fare – L’Espresso – 25
dicembre 2014 -
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