Un impetuoso revival di repubblicanesimo da antichi liberi
Comuni contro il germanico Impero ca stringendo in un fascio leghisti e
grillini, lepeniani e vetero-sinistrismo. I tirannicidi di un tempo assumono il
linguaggio dei più stereotipi pregiudizi nei confronti della storia tedesca.
Demagogie suicide sembrano aver trovato nella “volontà di potenza”, nella
inalterabile brama di egemonia attribuite al dèmone della Germania il proprio
nemico. Non che dall’altra parte manchino ancestrali preconcetti nei confronti
dei “Welsche”. Ma il drammatico problema consiste nel fatto che anche
attraverso lo scontro tra consunte ideologie sta maturando la crisi complessiva
dell’unità europea, senza dubbio crisi culturale e sociale, prima che economica
e finanziaria.
Inutile Chiedere ai paladini del nuovo conflitto
intra-europeo che cosa avverrebbe delle loro micro-patrie nel caso di una
catastrofe del processo unitario. Loro lavorano esattamente per questo. Forse
pensano di poter essere più forti come province putiniane. Chiediamo piuttosto
agli europeisti: benissimo criticare le politiche tedesche, ma quando mai la
costruzione dell’unità europea è proseguita senza una leadership riconoscibile?
E’ realistico pensarla senza alcuna gerarchia? Non sarebbe meglio ammettere
che, se neppure la potenza tedesca fosse stata in campo in questo periodo, lo
sfascio sarebbe risultato alla fine anche più grave? Ma una funzione di comando
bisogna sapersela conquistare. Fare i compitini a casa non basta. Tantomeno
rifiutare di farli. Ma il neo-repubblicanesimo rigetta ogni potenza, gerarchia,
egemonia. Grande e nobile tradizione,se non fosse che in Italia maschera da
sempre l’insofferenza egoistica nei confronti della legge, la difesa strenua
del “particolare”, la fisiologica debolezza dello Stato. L’Italia è repubblicana nel senso esattamente opposto di
quello indicato dal nome: non perché il bene pubblico è più della somma dei
privati, ma perché alle istituzioni si riconosce soltanto quel minimo di potere
indispensabile perché non finiscano semplicemente con lo scomparire. L’Italia è
repubblicana perché ognuno vorrebbe fare repubblica da sé. E i rappresentanti
del potere politico ce l’hanno messa tutta perché questa idea dilagasse,
insegnando per primi ad applicarla.
A Questa Deriva non saprà dare risposta l’Auctoritas
che attualmente la Germania esercita e sembra voler esercitare. Qui sta il
dramma. La necessità di una nuova Autorità culturale-politica per rilanciare la
costruzione comunitaria è evidente. Altrettanto evidente è che oggi nessun
Paese potrebbe candidarsi a esercitarla
se non la Germania. Ma la classe dirigente tedesca non si mostra in
alcun modo all’altezza di questa storica responsabilità. Alla domanda di nuove
forme di Autorità essa risponde con il dogma della stabilità finanziaria, spia
di angosce e insicurezze che nessun Capo dovrebbe manifestare. Al
neo-repubblicanesimo delle periferie risponde con un liberismo oggi
fisiologicamente incapace di affrontare la competizione globale. (..).
L’Autorità si conquista, nomen omen, attraverso politiche di crescita, di
uguaglianza, di solidarietà. Solo la Germania può ora volerle, programmarle e
implementarle. Allora il suo primato sarà regale e salverà l’Europa. E’ questa
la sua missione. E’ questo che va detto alla sua classe dirigente. Questo
doveva essere il linguaggio del nostro semestre di presidenza. Altro che
l’essere e il non essere di province, senato e leggi elettorali. Ma si comincia
come si può, la funzione fa l’organo. E il solo organo che oggi conta formare è
una nuova, autorevole guida politica dell’Europa, culturalmente opposta tanto
alla lex mercato ria finora imposta dagli “imperi centrali”, quanto alla
libertà senza doveri delle parodie nostrane del repubblicanesimo.
Massimo Cacciari – Parole nel vuoto – L’Espresso – 25
dicembre 2014 -
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