Una verità nel
dibattito sull’euro, cresciuto molto in questi mesi e destinato ad allargarsi
ancora intorno alla richiesta di referendum, è che nessuno sa davvero che cosa
potrebbe accadere se l’Italia
e altri Paesi decidessero di tornare alle monete nazionali. Non i politici, ma
nemmeno gli economisti, i quali comunque negli ultimi anni ne hanno indovinate
meno degli aruspici dell’antichità. La mia opinione, del tutto inutile, è che
sarebbe stato tanto meglio non entrare nell’eurozona. Ma, come in una guerra,
un conto è non entrarvi, altro è combatterla, perderla e alzare alla fine
bandiera bianca. Un’altra verità della questione è che questo dibattito
gigantesco su quello che in fondo è soltanto uno strumento, la moneta, contiene
in ogni caso un’illusione altrettanto colossale. E’ l’idea o l’utopia di un
ritorno alla sovranità nazionale di un tempo, il poter “fare da sé”. Con o
senza l’euro. L’Europa continuerebbe a esistere e rimarrebbe in ogni caso il
campo di gioco, laddove si vincono o si perdono tutte le partite. Davvero
qualcuno pensa che l’Italia o la Spagna o la Grecia, armate di lira, peseta o
dracma, possano combattere da sole la guerra dei mercati globali? Oppure
affrontare meglio le migrazioni di milioni di persone in fuga dalle guerre o
dalla miseria in Medio Oriente o in Africa? Per quasi nessun problema oggi
esiste più una soluzione nazionale. Neppure per quelli che consideriamo
maggiormente “nostri”. Prendiamo la lotta alle mafie, che da anni si muovono su
livello globale molto meglio dei governi impegnati a combatterle. L’evasione e
l’elusione fiscale continuerebbero a poter contare sulla presenza di veri e
propri paradisi fiscali all’interno dell’Unione, dal Lussemburgo all’Olanda,,
dalla Gran Bretagna all’Irlanda, dove trasferire aziende e capitali. Per
arrivare al problema dei problemi, la disoccupazione, in particolare dei
giovani, dove non esiste politica nazionale in grado di contrastare da sola la
tendenza della produzione europea e mondiale a creare vaste aree di disoccupati
e sotto occupati a bassi salari, imponendo ai giovani che entrano nel mondo del
lavoro un modello di vita precaria. Per non parlare dei debiti pubblici e dei
conti dell’energia, sui quali certo non otterremmo sconti con la lira o il
franco o la peseta. Se esistono ancora soluzioni per tutti questi problemi, si
tratta di soluzioni europee. Ci piaccia o no l’euro – e tutte le opinioni sono
legittime – in Europa siamo e qui siamo destinati a rimanere.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 28
novembre 2014 -
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