Brutti tempi per gli immigrati in Italia, presi nel
vortice di un malessere sociale che esaspera la guerra fra i poveri. E, fra i
poveri, i non italiani, i clandestini in particolare, sono più a rischio di
essere additati come gli untori di vecchie nuove malattie. Ma stanno così le
cose? I dati lo smentiscono. Nel corso del convegno annuale dell’Inmp,
l’Istituto del ministero della Salute che si occupa di poveri e migranti appena
concluso è emersa una realtà diversa. Perché i migranti in genere sono
tutt’altro che malandati, infatti, pericolosi. Al contrario, arrivando da paesi
lontani in cerca di lavoro, gli immigranti sono in generale in condizione di
salute migliore della media degli italiani: la mortalità sia nei maschi sia
nelle femmine è circa il 30 per cento inferiore alla nostra, tranne che per chi
proviene dall’Africa sub sahariana (una minoranza). E’ vero piuttosto che la
fascia più emarginata di chi arriva tende a peggiorare una volta stabilitasi in
Italia per le cattive condizioni legate alla povertà. Ma questo è il destino
della popolazione più fragile del paese. Le disuguaglianze sociali, al di là
del colore della pelle, infliggono un hanticap di circa 5 anni nella speranza
di vita dei poveri rispetto ai più abbienti e istruiti. Tanto che secondo le
stime degli epidemiologici convenuti all’incontro dell’Inmp, se si potessero
eliminare le differenze di istruzione in Italia la mortalità dei maschi
calerebbe del 30 per cento e delle femmine del 15. “Il problema non sono i
migranti. Il problema è la povertà e il bagaglio di malattia che si porta
dietro”, commenta il direttore dell’Inmp Concetta Mirisola: “E il sistema
sanitario sta facendo la sua parte per contrastare queste disuguaglianze”.
Luca Carra – Sanità – L’Espresso – 18 dicembre 2014 -
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