C’è un Italia che resiste nonostante tutto. A questo manipolo
di resistenti – minoritario nella rappresentazione sui mass media,
maggioritario nella faticosa pratica quotidiana – ci rivolgiamo dopo giorni di
scioccanti rivelazioni sul malaffare che avvelena Roma e, dunque, la nazione
intera. Non è esagerato l’uso del verbo avvelenare (…). Tuttavia Se La Mafia
Nera, se le degenerate coop rosse, se un ceto politico-affaristico hanno avuto
mano libera nel saccheggiare la capitale, esiste anche una provincia italiana
capace di tenere a galla il corpaccione malato dello Stato. A dispetto della
crisi e del malaffare l’Italia non esplode ancora proprio perché da Trento a
Lecce le cento capitali dell’orgoglio e della bellezza coltivano esperienze di
tenuta economica, sociale culturale. Ancora poche, per rilevanza statistica.
Interessanti comunque per delineare una prospettiva. Ecco dunque la copertina
di questo numero: “Torna a casa azienda” (..), un racconto sul campo sal campo
Veneto all’Abruzzo di quelle imprese che hanno deciso di rilocalizzare in
Italia le loro produzioni manifatturiere. Scelta controtendenza dopo anni di
fuga all’estero alla ricerca di manodopera a basso costo e di vantaggi fiscali.
Eppure ritornano pur senza una convenienza immediata perché il made in Italy
evidentemente è un valore in sé sul mercato estero come su quello interno.
Grande lezione di marketing per chi ha smesso di crederci. Lo stesso si può
dire per quelle piccole e medie aziende (…). Imprese con un alto valore
artigianale, pressoché sconosciute, ra le tassecapaci di esportare le loro
produzioni in ogni angolo del mondo. Senza chiedere aiuti pubblici. Due Italie
parallele, incapaci di incontrarsi. Dove la prevalenza dei furbi e delle
canaglie annichilisce gli onesti. La corruzione ci costa 60 miliardi all’anno.
La più odiosa tra le tasse; occulta ma non ignota. I governo Renzi punta
sull’inasprimento delle pene e sulla confisca dei guadagni illeciti. E’ un
primo buon segnale. A chiusura di un anno accompagnato da quotidiani fuochi
d’artificio, Matteo Renzi è di fronte alla prova più difficile. La questione
morale deve diventare una priorità: l’Expo di Milano, il Mose di Venezia, i
rimborsi regionali in Emilia Romagna e ora la devastante Mafia Capitale. Ne è
coinvolto oltre ogni ragionevole dubbio il partito di cui è segretario giusto
da un anno. E’ venuto il tempo di rottamare notabili e padroni delle tessere.
Lo faccia con decisione e passione. Almeno le stesse che ha mostrato per
abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Da licenziare ne ha tanti
di furbetti e capobastone, amministratori infedeli e facilitatori dal denaro
abbondante. Ben più di una giusta causa. Lo scandalo romano, scoppiato nel
pieno di un complesso ingorgo istituzionale
- Quirinale, riforme istituzionali, legge elettorale – diventa suo
malgrado il parametro su cui il premier-segretario verrà giudicato. Una
variante imprevista nell’agenda di Matteo piè veloce. L’appuntamento di cui
avrebbe fatto volentieri a meno, al quale non può sottrarsi. Lo Stesso Renzi ha
sperimentato quanto il Pd sia diventato un partito scalabile. Lui lo ha
conquistato con la forza di una suggestione. Il verso giusto. Ma bisogna avere
la consapevolezza che quel partito è scalabile nei piani intermedi da
personaggi opachi come quelli che hanno operato a Roma. Usi dunque la
leadership per imporre trasparenza e coerenza nei comportamenti, dai
finanziamenti al Pd alle troppe fondazioni che fanno capo al partito (…). Non
ci sono gufi e rosiconi appollaiati sull’albero della legalità. Se agisce con
la necessaria rapidità avrà dalla sua quell’Italia che resiste nonostante
tutto.
Twitter@VicinanzaL – Luigi Vicinanza – Editoriale –
L’Espresso – 18 dicembre 2014
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