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sabato 20 dicembre 2014

Lo Sapevate Che: Ma c'è un Italia che resiste...



C’è un Italia che resiste nonostante tutto. A questo manipolo di resistenti – minoritario nella rappresentazione sui mass media, maggioritario nella faticosa pratica quotidiana – ci rivolgiamo dopo giorni di scioccanti rivelazioni sul malaffare che avvelena Roma e, dunque, la nazione intera. Non è esagerato l’uso del verbo avvelenare (…). Tuttavia Se La Mafia Nera, se le degenerate coop rosse, se un ceto politico-affaristico hanno avuto mano libera nel saccheggiare la capitale, esiste anche una provincia italiana capace di tenere a galla il corpaccione malato dello Stato. A dispetto della crisi e del malaffare l’Italia non esplode ancora proprio perché da Trento a Lecce le cento capitali dell’orgoglio e della bellezza coltivano esperienze di tenuta economica, sociale culturale. Ancora poche, per rilevanza statistica. Interessanti comunque per delineare una prospettiva. Ecco dunque la copertina di questo numero: “Torna a casa azienda” (..), un racconto sul campo sal campo Veneto all’Abruzzo di quelle imprese che hanno deciso di rilocalizzare in Italia le loro produzioni manifatturiere. Scelta controtendenza dopo anni di fuga all’estero alla ricerca di manodopera a basso costo e di vantaggi fiscali. Eppure ritornano pur senza una convenienza immediata perché il made in Italy evidentemente è un valore in sé sul mercato estero come su quello interno. Grande lezione di marketing per chi ha smesso di crederci. Lo stesso si può dire per quelle piccole e medie aziende (…). Imprese con un alto valore artigianale, pressoché sconosciute, ra le tassecapaci di esportare le loro produzioni in ogni angolo del mondo. Senza chiedere aiuti pubblici. Due Italie parallele, incapaci di incontrarsi. Dove la prevalenza dei furbi e delle canaglie annichilisce gli onesti. La corruzione ci costa 60 miliardi all’anno. La più odiosa tra le tasse; occulta ma non ignota. I governo Renzi punta sull’inasprimento delle pene e sulla confisca dei guadagni illeciti. E’ un primo buon segnale. A chiusura di un anno accompagnato da quotidiani fuochi d’artificio, Matteo Renzi è di fronte alla prova più difficile. La questione morale deve diventare una priorità: l’Expo di Milano, il Mose di Venezia, i rimborsi regionali in Emilia Romagna e ora la devastante Mafia Capitale. Ne è coinvolto oltre ogni ragionevole dubbio il partito di cui è segretario giusto da un anno. E’ venuto il tempo di rottamare notabili e padroni delle tessere. Lo faccia con decisione e passione. Almeno le stesse che ha mostrato per abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Da licenziare ne ha tanti di furbetti e capobastone, amministratori infedeli e facilitatori dal denaro abbondante. Ben più di una giusta causa. Lo scandalo romano, scoppiato nel pieno di un complesso ingorgo istituzionale  - Quirinale, riforme istituzionali, legge elettorale – diventa suo malgrado il parametro su cui il premier-segretario verrà giudicato. Una variante imprevista nell’agenda di Matteo piè veloce. L’appuntamento di cui avrebbe fatto volentieri a meno, al quale non può sottrarsi. Lo Stesso Renzi ha sperimentato quanto il Pd sia diventato un partito scalabile. Lui lo ha conquistato con la forza di una suggestione. Il verso giusto. Ma bisogna avere la consapevolezza che quel partito è scalabile nei piani intermedi da personaggi opachi come quelli che hanno operato a Roma. Usi dunque la leadership per imporre trasparenza e coerenza nei comportamenti, dai finanziamenti al Pd alle troppe fondazioni che fanno capo al partito (…). Non ci sono gufi e rosiconi appollaiati sull’albero della legalità. Se agisce con la necessaria rapidità avrà dalla sua quell’Italia che resiste nonostante tutto.
Twitter@VicinanzaL – Luigi Vicinanza – Editoriale – L’Espresso – 18 dicembre 2014 

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