Dopo un lungo periodo di decadenza della psicoanalisi, sia
come terapia sia come scienza che esamina le figure psichiche e ne trae
conclusioni terapeutiche e para-filosofiche, la materia è di nuovo oggetto di
interesse. Se ne parla su riviste specializzate e anche sulle pagine culturali
dei giornali con molta frequenza. Un rinnovato interesse dovuto, credo, alle
contraddizioni sempre più profonde che hanno sconvolto la società in questi
ultimi anni generando fenomeni di depressione, di frustrazione, di
incomprensione. Quest’incertezza, tipica della fine di un’epoca, ha ridato
attualità all’analisi della psiche e
allo studio degli istinti che essa esprime e che a loro volta la dominano e
Freud riappare come antico maestro, come mago, come terapeuta, come filosofo
oppure come ciarlatano che ha venduto stagno gabellandolo per argento e ottone
gabellandolo per oro. Personalmente Ritengo che Freud sia stato uno dei
protagonisti dell’epoca ormai morente della modernità che cominciò con
Montaigne e si concluse (così io penso) con Nietzsche ed è arrivata fino a noi
con gli epigoni perché un’epoca non si spegne come si spegne l’interruttore
della luce o si chiude un rubinetto d’acqua: ci vogliono secoli per passare da
un’epoca all’altra e quel punto di passaggio è il più turbolento, costellato di
conflitti, crisi economiche, rottura di equilibri sia nei valori, nelle
tradizioni, negli interessi, nei comportamenti. E nei pensieri. Gli istinti
sono sempre gli stessi perché sono l’anima della nostra specie, ma i sentimenti
che da essi emergono e le percezioni che suscitano nella zona razionale della
nostra natura sono molto diversi. La conseguenza è che sono diverse anche le interpretazioni
che noi diamo al pensiero dei maestri che hanno costellato l’epoca trascorsa ma
che l’epoca nuova non potrà ignorare. Perciò la domanda che mi pongo e pongo a
chi mi legge è questa: qual è l’interpretazione che diamo al pensiero di Freud
e dei suoi discepoli che crearono la psicoanalisi? Chi è Freud per noi? Do una
risposta a queste domande: il tema che anche Freud ha affrontato ma che non è
l’elemento centrale delle sue riflessioni è il narcisismo, sul quale invece
oggi si pone l’accento. E perché noi oggi poniamo quest’istinto in posizione
dominante e interpretiamo anche il pensiero di Freud alla luce di questa
dominanza? Freud Parlò e anche diffusamente del narcisismo
e vide ch esso nasce nel bambino, anzi addirittura nel neonato per poi
protrarsi lungo tutta la vita della persona. Ma l’istinto centrale per lui è
una psiche in cui è Eros la figura mitica che include tutte le altre.
Personalmente sono pienamente d’accordo e credo che porre Eros, il signore dei
desideri, al centro dell’analisi psichica sia il modo corretto di interpretare
il pensiero freudiano e soprattutto l’essenza della nostra natura.(…). Queste
affermazioni sono vere ma incomplete; “l’amour propre” è indispensabile ma non
esclusivo, l’istinto di sopravvivenza riguarda l’individuo ma anche la specie,
sicchè accanto a diritti esistono i doveri e accanto all’amore per sé esiste
l’amore per gli altri. Noi siamo una specie socievole e senza gli altri non
potremmo vivere. Perciò l’amore per gli altri, per il prossimo, per la
collettività. hanno nella nostra psiche o anima che dir si voglia esattamente
la stessa istintualità e quindi la stessa forza del narcisismo. L’amore per gli limita il narcisismo, la visione del
bene comune limita la prevalenza dell’Io. Freud aveva configurato il Super Io
ma non lo aveva incluso negli istinti. Questo a mio avviso è stato il suo non
trascurabile errore. Il Super Io, i doveri insieme ai diritti, sono forme
psichiche incluse nell’Es. L’Io è una costruzione artificiale, un nome, un
pennacchio per distinguersi dagli altri. Ci fa riconoscere ma nient’altro che
questo. La nostra essenza è altrove. Noi siamo un animale pensante che ha un
nome e ama se stesso e gli altri. Oppure li odia e comunque non li ignora.
Eugenio Scalfari – Il vetro soffiato – L’Espresso – 25
dicembre 2014 -
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