Ora che ha traslocato in Olanda e non paga più in Italia sui
profitti, politicamente e moralmente è giusto che la Fiat continui a
beneficiare della cassa integrazione? Questa domanda ricorrente secondo me è
sbagliata, sia nella premessa che nel quesito. Ma solo perché le cose stanno
anche peggio. Nella premessa: la Fiat negli ultimi anni non è che abbia pagato
chissà che tasse, perché di profitti in Italia ne ha fatti ben pochi. Nei
bilanci dal 2009 al 2013, prima della fusione con Chrysler, si vede infatti che
il risultato complessivo del gruppo prima delle imposte è ammontato a 5,62
miliardi, le imposte sul reddito sono state pari a 1,37 miliardi, ogni società
del gruppo ne ha pagate un po’ nel proprio Paese di residenza (Brasile,
Polonia, ecc), con una tassazione media alla fine del 24 per cento. Al fisco
italiano, invece, Fiat Spa negli ultimi due esercizi non ha pagato quasi per
nulla imposte sul reddito (appena 35 milioni) perché ha chiuso con un
imponibile sotto zero, e Fiat Group Automobiles SpA negli ultimi cinque anno ha
cumulato addirittura un credito tributario di 56 milioni per recupero d’imposta
Ires. (…) . La normativa, in verità, non riserva la cassa integrazione a
società residenti in Italia, tanto che da sempre ne beneficiano anche le
imprese straniere. Piuttosto, c’è da chiedersi quanta Cig utilizzi il gruppo
Fiat, quanti contributi abbia versato in passato per poter accedere a questo
ammortizzatore sociale, se il saldo sia negativo ed eventualmente quanto pesi
sulla finanza pubblica. Tutti questi dati però ce l’hanno solo Fiat e Inps,
mica li pubblicano. Si sa solo che: nel 2012 Fiat fece ricorso a 32 milioni di
ore di Cig; nel 2014 a Mirafiori è stato rinnovato l’accordo (il 25 settembre);
a Cassino continua; a Pomigliano 1.950 addetti usufruiscono dei contratti di
solidarietà: a Melfi fino a inizio dicembre il ricorso era massiccio ma, grazie
alla produzione del modello Renegade della Chrysler e ora della nuova 5ooX, è
crollato e ora si spera di dover lavorare anche a Natale. Conclusione, non
abbiamo nemmeno la libertà di decidere la concessione o meno della cassa integrazione, dobbiamo
solo sperare che il nuovo gruppo – quotato a Wall Street e con sede legale a Amsterdam
e fiscale a Londra – voglia almeno decidere di….delocalizzare in Italia, Paese
(ci si augura) in via di sviluppo.
Riccardo Gallo – Economia – L’Espresso – 25 dicembre 2014 -
Nessun commento:
Posta un commento