Quando Paolo Vineis, epidemiologo all’Imperial College di
Londra, ha consegnato alle stampe il suo saggio sulla salute globale, non
poteva certo immaginare di ricevere una conferma così immediata e tragica alle
sue tesi. L’evoluzione di Ebola mette sotto gli occhi di tutti che è ormai
impossibile occuparsi della salute “in un solo stato”. I casi di trasmissione
in Europa e in America, pur moltiplicandosi insieme alla paura, rimarranno
comunque isolati e facilmente contenibili, ma sommandosi alla catastrofe e al
collasso sanitario, sociale ed economico
di diversi paesi africani produrranno effetti a cascata su tutti gli aspetti
della nostra vita, compresa la salute di
tutti. Effetti che si propagheranno nello spazio e nel tempo proprio attraverso
le vie e i meccanismi della globalizzazione, secondo quei modelli matematici
che studiati per descrivere le epidemie, spiegano perfettamente anche le crisi
finanziarie ed economiche, e viceversa. Vineis nel suo “Salute senza confini.
Le epidemie al tempo della globalizzazione”. (Codice edizioni, Torino 2014) si
occupa solo marginalmente delle malattie infettive, perché è l’interessato
soprattutto a mostrare come i “contagi” che oggi propagano cattive condizioni
di salute, utilizzano soprattutto vettori diversi dai classici virus:
l’inquinamento dell’ambiente, le migrazioni di grandi popolazioni o il
diffondersi di abitudini alimentari promosse dall’industria e dalla grande
distribuzione; oppure, in modo rocambolesco, attraverso la catena che dalle
immissioni di CO2 porta al cambiamento del clima, con una serie di prevedibili
effetti, che vanno dal ritorno della malaria alla salinizzazione delle acque
potabili. Le vicende sono tante, dall’epidemia di diabete e obesità (diabesity)
al paradigma dell’isoletta Nauru, arricchitasi col commercio mondiale del guano
e precipitata in miseria e malattia per l’adozione dei peggiori stili
occidentali; dagli intrecci tra crisi economica e salute, in Russia e più
recentemente in Grecia, alla crescita delle disuguaglianze all’interno dei
singoli paesi, anche di quelli ricchi. Vineis racconta anche storie di prima
mano, grazie la sua esperienza di epidemiologo internazionale, per esempio in
Bangladesh, dove da anni studia gli effetti sulla salute della penetrazione di
acqua marina nei terreni coltivati. E aggiunge un elemento di grande
originalità scientifica all’analisi con la sottolineatura di come i mutamenti
“globali” (dell’alimentazione e dell’ambiente) stanno imprimendo una traccia
duratura nel Dna dell’umanità, attraverso i mutamenti “epigenetici”. Dagli
esempi si deducono facilmente i due principali corollari: spesso le cause
agiscono ormai solo a grande distanza da dove ricadono le conseguenze, per cui
non vi è difesa possibile entro i propri confini; l’unica possibilità di
intervento richiede forti strumenti sovranazionali. E’ questa la tesi
politicamente forte del saggio, che denuncia come la concezione minimalista
delle istituzioni pubbliche (compresi per esempio l’Onu e Oms) sta minando alle
radici ogni possibilità di porre rimedio alle molteplici minacce che si
affacciano. L’autore è convinto che il sistema salute, dopo decenni di
progressi reali in tutto il mondo, sia entrato in una fase d’instabilità, che
potrebbe anche sfociare in una regressione, attraverso catene di eventi poco
prevedibili. E infatti, chi aveva previsto che l’Ebola ci scappasse di mano
sino a questo punto?
Roberto Satolli – Salute globale – L’Espresso – 4 dicembre
2014 -
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