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lunedì 31 agosto 2015

Lo Sapevate Che: Un vero artista impazzisce per te....



C’è da prendere in seria considerazione l’eventualità che ogni individuo sia, naturalmente e geneticamente, egocentrico e narcisista e che l’arte contemporanea possa costituire un’ottima e opportuna difesa contro il distruttivo giudizio razionale della scienza psicologica. Il nostro ego, infatti, tende a sottrarsi alla paura di confondersi con la massa riconoscendo solo quegli aspetti che comprovino la supremazia e l’originalità dei suoi gesti e dei suoi pensieri. Inoltre l’artista non deve prendersi la briga di sentirsi responsabile del significato che le sue opere possono avere (nei rari casi in cui dovesse capitare che, anche per sbaglio, ne abbiano uno). Tutte le responsabilità sono da ascriversi, sempre ed esclusivamente, al povero osservatore. E questo perché la sua interpretazione soggettiva e la sua reazione imprevedibile vengono determinate più dalla propria personale percezione ed esperienza estetica che dall’opera dell’artista, considerabile solo come uno “stimolo efficace”. L’osservazione è sempre un atto personale e colui che osserva “produce” l’immagine che guarda.  Claudio  clabaldi72@libero.it
Chi è l’artista? Colui che sa uscire dal recinto protetto della ragione per accedere a quell’abisso che è la follia che ci abita. Non per descriverla, perché tutto ciò che è biografico non è necessariamente artistico, ma per usare la propria follia come uno strumento che consente di catturare quello sfondo irrazionale da cui l’umanità ha cercato di difendersi e di emanciparsi attraverso i riti, le religioni, e infine attraverso la ragione che, come un giorno lucido e senza ombre, prova a difenderci dalla luce nera e così poco rassicurante che sono le tenebre dell’insensatezza, sempre in agguato, nelle quali in ogni momento possiamo precipitare. Il vero artista non è, come lei sospetta, colui che vuole distinguersi dalla gran massa per effetto di un esasperato narcisismo, e neppure colui che si ritiene tale perché dà espressione alla propria personale follia, affidando all’osservatore la ricostruzione di un senso che neppure aveva intravisto all’origine della sua creazione, e per giunta irresponsabile perché non è tenuto a dover rispondere dell’opera sua. Artista è colui che, con la sua creazione, è in grado di svelare alle nostre coscienze difese e tranquille che “l’uomo è un lacerato”, e che questa lacerazione, che già Platone aveva ben descritto, è in componibile, nonostante gli sforzi di tutte le religioni che ne proiettano nell’aldilà la composizione, e della ragione che, nell’aldiquà, ci difende dall’irruzione della follia, sempre in agguato ai margini della nostra “assennatezza”. (..). L’atto creativo, infatti, non nasce all’interno di quel sistema di regole in cui la ragione consiste, ma nello sporgere dal suo recinto, con tutti i rischi che comporta. Per questo Heidegger parla dei poeti come dei “più arrischianti”. Grazie all’opera d’arte che nasce da questo loro “arrischiarsi”, si dischiude quello che Holderlin, e dopo di lui Rilke, chiamano “l’Aperto”, dove è descritta la condizione umana, caratterizzata da quella “totale assenza di protezione” da cui la ragione ci difende, per evitarci di sporgere là dove nulla più è rassicurante, ma dove, anche, si rivelano sensi e significati imprevisti per la ragione stessa e inauditi per il nostro abituale modo di pensare. Per questo dobbiamo essere grati agli artisti e ai poeti. Con il loro sacrificio (mentale) dischiudono per noi l’Aperto.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 22 agosto 2015

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