Ho letto con grande
interesse e attenzione L’Enciclica Laudato si’di Papa Francesco. Si basa sul
presupposto che il Creato, la natura, la nostra casa comune è “una madre bella
che ci accoglie tra le sue braccia”, e “suolo, acqua, montagne, tutto è carezza
di Dio”. Esiste però anche un “lato oscuro” della natura (la natura matrigna di
Leopardi) di cui non si parla. E quello, per esempio, delle catastrofi naturali
che uccidono milioni di innocenti, (anche se spesso c’entra anche la mano
dell’uomo, che in questo senso innocente non è), o delle malattie che, nei casi
estremi, provocano sofferenze inaudite che portano alla perdita della dignità
umana. Certo, salvare la terra dal disastro futuro è un impegno che in fondo
prescinde dalle motivazioni per cui lo si fa. Che si tratti di un impegno verso
il Creato, verso la “madre bella che ci accoglie tra le sue braccia” o per un
puro discorso egoistico, alla fine salviamo la terra per salvare noi stessi,
per garantire la sopravvivenza della nostra specie. Bruno Bianchi brunobianchi55@virgilio.it
Senza mai avere risposta, nelle
discussioni ho sempre chiesto all’interlocutore di segnalarmi il contesto
culturale a partire dal quale usa una certa parola. Le parole, infatti, non
significano per sé. Piuttosto segnalano la cultura che le ha promosse e dalla
quale ricevono il loro significato. Nel nostro caso, se prendiamo le mosse
dalla cultura greca, la natura era concepita come quell’orizzonte
inoltrepassabile, limite insuperabile cui l’azione umana doveva piegarsi come
alla suprema legge. Scrive in proposito Eraclito: “Questo cosmo che è di fronte
a noi e che è lo stesso per tutti non lo fece nessuno degli déi, né degli uomini,
ma fu sempre, ed è, e sarà fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e
si spegne secondo misure” (fr.B, 30). Sotto questo profilo la natura non è né
buona né cattiva. Semplicemente è. Ed è indifferente alla sorte della
condizione umana. Questa è la ragione per cui Pasal, di fronte all’indifferenza
della natura, prova angoscia: “Gettato nell’infinita immensità degli spazi che
ignoro e che non mi conoscono, provo spavento”. E ciò che spaventa Pascal non è
tanto l’infinità degli spazi cosmici, ma la loro ignoranza della vicenda umana.
“Non mi conoscono”. L’indifferenza della natura, la sua estraneità all’evento
umano che ospita a sua insaputa, e a cui invia solo un messaggio di solitudine.
Sulla stessa linea è anche Goethe che a proposito della natura scrive: “Natura!
Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne e penetrarvi più a
fondo. Senza farsi pregare e senza avvertire, ci rapisce nel vortice della sua
danza e si lascia andare con noi, finchè siamo stanchi e le cadiamo dalle
braccia. La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio
per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua
eternità”.(..)Papa Francesco, quando nella sua Enciclica Laudato si’ parla della natura come di “una madre bella che ci
accoglie tra le sue braccia” e scrive che “suolo, acqua, montagne, tutto è
carezza di Dio”, concepisce la natura secondo il dettato giudaico-cristiano, e
non potrebbe essere diversamente. Le obiezioni vengono dopo, in presenza dei
mali che la natura, nella sua indifferenza alla condizione umana, produce. E
finora la risposta dei cristiani è stata he noi non conosciamo i disegni di
Dio, e questo è quanto basta per accettare tutto ciò che di spaventoso la
natura è in grado di provocare. Oggi però i disastri più devastanti sono
prodotti dalla tecnica, che ha raggiunto livelli che sfuggono al controllo
umano, e dagli interessi economici per perseguire i quali non ci si cura delle
sorti della terra. Per questo mi sento di accogliere incondizionatamente il
monito del Papa, se non altro per limitare la distruzione della terra, unica
nostra dimora.
umbertogalimberti@repubblica.it-
Donna di Repubblica – 1 agosto 2015
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