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martedì 11 agosto 2015

Lo Sapevate Che: Fu la mia cotta dei 19 anni. Adesso siamo nonni, e torna quella tenerezza...



Quando avevo 19 anni, alla fine del liceo classico, mi presi una cotta per una ragazza della mia suola che ne aveva circa 16, che mi ricambiò ampiamente. La storia andò avanti per due o tre anni con reciproca grandissima soddisfazione (o almeno allora così ci parve). Mano nella mano di pomeriggio un paio di volte la settimana quando andava anche a lezione di danza classica dalla mitica Ruskaja, io andavo a prenderla all’uscita e la riaccompagnavo a casa al quartiere Salario. Anche lei oggi è da poco vedova (o separata, non ho capito bene) del secondo marito, anche lei è nonna, ma purtroppo abita in un paese a una trentina di chilometri da Roma dove invece io risiedo. Ogni tanto ci risentiamo, e un paio di volte siamo anche stati a pranzo insieme. Certo tutti e due siamo fisicamente cambiati ma la tenerezza di allora mi sembra stia rispuntando. Infatti, per tutti e due la solitudine è un brutto male. Perciò per il prossimo futuro…chissà?
Lettera firmata – Roma
Non vorrei ferirla, ma personalmente non credo che mettersi insieme alla vostra età risolva il problema della solitudine. La solitudine non scompare con la convivenza, è uno stato d’animo che non guarisce mettendosi in due. La solitudine è non avere più quello che avevamo, sentire lontani e finiti i giorni della felicità, non avere più vicino le persone che ci hanno riempito la vita. Per due persone separate da decenni, la convivenza potrebbe deludere, portando ognuno le sue abitudini e i suoi ritmi. Certamente mi sbaglio, ma questo pensiero vale anche per me. Credo che si vinca la solitudine comportandosi come voi adesso: ognuno continua a vivere nel suo mondo per poi ritrovarvi il più spesso possibile, come una coppia adolescente di fidanzati, rivivendo quell’antica tenerezza che non ha bisogno del vivere insieme.
Natalia Aspesi – Questioni di Cuore – Il Venerdì di Repubblica – 7 agosto 2015

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