Elwin Jr. sta uscendo dalla casa di
riposo in cui è ospite suo padre, malato di Alzheimer. Passo davanti agli altri
pazienti: “Per alcuni di loro era solo un’improvvisa crepa scura sul colore
della parete, un’anomalia che gli guizzava davanti, un ricordo alla deriva che
affondava troppo velocemente per poter essere salvato”. “Ehi, Pa” - penserà
poco dopo, terrorizzato che suo padre stia dimenticando anche lui –
“Sono io. Non abbandonare anche me”. Non abbandonare. In Scarti Jonathan Miles racconta le storie di tre personaggi – anzi
tre mondi – destinati a sfiorarsi, creando collisioni atomiche di infima o
devastante entità. Sono Elwin, linguista avanti con gli anni (e col peso)
incapace di accettare l’abbandono di sua moglie; Sara, donna di mezza età che
ha perso il marito durante l’11 settembre per poi scoprirne i fedifraghi
segreti; e Talmadge, squatter freevegan
“incline a zerbinarsi con le donne”. Tutti i personaggi minati dal terrore
dell’abbandono, che percepiscono se stessi come “un anomalia”; come i pazienti
malati di Alzheimer. Personaggi-scarti, che la vita costringe a una sferzata,
trasformando lo scarto in riciclo e dunque in energia; dolorante, sporca, ma
vitale. E Miles li rivela, pieno di compassione. Così Elwin incontrerà il
figlio di un vicino che lo risveglierà. Sara dovrà fare i conti con l’egoismo.
Talmadge, che mangia rifiuti per imposizione della moglie, ritroverà la
volontà. Morale? Non darsi per morti è difficile. Lasciarsi spegnere è meno
doloroso. Ma Miles trasforma la battaglia per rimanere vivi in romanzo, e in
possibilità. “Ehi, sono io. Non mi abbandonare”.
Antonella Lattanzi – Il Venerdì di Repubblica – 14 agosto
2015
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