Come Dire Già nell’inchiesta su Roma Capitale
erano comparsi i soprannomi usati da criminali, corruttori e corrotti: “er
Cecato”, “er Pirata”, “er Cicorione”, “er Cane”, “er Miliardario, “Forfora”,
“er Negro”.(..) Attilio Bolzoni ha compilato un elenco anche più nutrito,
riguardnate la criminalità organizzata, non solo del Sud. E c’è dentro il pigro
“Culu musciu”, il cattivo ma non troppo “Carognetta”, lo sfoggiatore di catena
d’oro “Girogola”, l’offeso a un arto “Manuzza”, il nottambulo “Il Vampiro”,
l’esperto di lavorazione dell’eroina “U Dutturi”…Caratteristiche fisiche o di
comportamento, o anche solo una frase detta in una circostanza, si trasformano
in etichette, che indicano con certezza ma mascherano per chi non deve sapere.
Gli pseudonimi hanno uno statuto differente dai nomi per il fatto di non essere
registrati: in caso di società segrete e bande, gli inquirenti non possono
identificare a colpo sicuro i soggetti di cui si parla, ma devono procedere per
ipotesi. Non si tratta quindi di un retaggio di altri tempi, ma di una vera
esigenza crittologica e militare, che ritroviamo in altri casi di bande: nella
Resistenza e anche nelle Brigate Rosse (si ricorda la tragica telefonata con
cui il “dottor Nicolai” dava indicazioni per ritrovare il corpo di Aldo Moro;
telefonata che fu attribuita anche a Toni Negri, prima che il dottor Nicolai
fosse identificato in Valerio Morucci.
Stefano Bartezzaghi – Visioni – L’Espresso 27 agosto 2015
Nessun commento:
Posta un commento